Le Hickeys escono dalla sempre fiorente scena musicale di Madrid e hanno pubblicato il loro primo singolo nel 2017: dopo un EP, “Diamond Munch” (2018) e una manciata di singoli, a settembre è finalmente arrivato anche il loro atteso debutto sulla lunga distanza “Fragile Structure”.

Dopo aver rinviato a causa della pandemia le date originariamente previste per lo scorso febbraio, ora le quattro ragazze spagnole possono finalmente arrivare anche in Italia a presentare la loro prima fatica full-length e stasera si trovano allo Splinter Club, che proprio oggi inaugura la sua nuova sede nell’area Ex-Salamini a est della città  ducale e a pochissime centinaia di metri dalla precedente location.

Nel corso degli anni le musiciste madrilene, oltre che nella penisola iberica, sono già  state in tour in Germania, Olanda, Regno Unito e Stati Uniti suonando anche in importanti festival come l’Eurosonic e il SXSW, facendosi quindi una certa esperienza internazionale.

Come dicevamo poco fa, l’album d’esordio è arrivato da pochi giorni ed è senza dubbio un passo fondamentale per qualsiasi band e quindi sarà  importante per loro capire le reazioni del pubblico, dopo il lungo stop dovuto alla pandemia.

La mezzanotte è passata da pochi minuti quando le Hickeys salgono sul palco della venue emiliana: ad aprire il set ci pensa una cover e più precisamente “Anemone”, brano dei Brian Jonestown Massacre, già  pubblicato come singolo dalle spagnole a fine 2020. Se l’inizio è decisamente cupo con le dure linee del basso di Martina Compairè a recitare la parte del protagonista, sono poi le chitarre a prendere il soppravvento: sebbene non manchi una certa sensazione melodica, come accadrà  anche in altre occasioni durante il concerto, le ragazze si lasciano andare a potenti jam dai sapori desertici.

Poco dopo con “Circuit Lies (You Don’t Have To Know)”, cantata da Maite Barrena, iniziano i brani estratti dal loro recente primo LP: l’atmosfera post-punk e anche i vocals della batterista ci fanno subito tornare alla mente gli ottimi inglesi Dry Cleaning, una delle nostre band recenti preferite, ma le schitarrate ““ cortesia di Marta Kunitsa e Ana Erice ““ alzano il ritmo e aggiungono aggressività  al pezzo.

E’ Marta a occuparsi della parte vocale nella successiva “Material Weight”: se la parte iniziale, pur buia, sembra essere piuttosto tranquilla, tempo di arrivare al coro e l’esplosività  si fa davvero pesante con le due sei corde che portano ancora un feroce attacco, mentre i vocals ripetitivi sono cattivi, punky e quasi ipnotizzanti.

In “Oneness”, invece, la Barrena e la Kunitsa si continuano a rispondere, mentre la strumentazione post-punk si fa più intensa ed esaltante, arrivando poi al ritornello in maniera decisamente aggressiva, ma senza dimenticare le sensazioni melodiche.

“The Mill” viene introdotta in maniera educata dalla sezione ritmica, che poi lascia lo spazio alle due sei corde per brillare e diventare protagoniste, ma senza mai dover forzare, dando invece la possibilità  alla voce della Compairè di riflettere e di tenere il ritmo in un mood decisamente tranquillo.

“Blink Blink” poi ci regala un ottimo ritmo saltellante dove le linee di basso di Martina sanno come esaltare il pubblico ducale, mentre le due chitarre aggiungono un non so quale elemento dancey al mix, prima che il tono si faccia più morbido e riflessivo.

Il concerto si chiude esattamente come il disco: prima è “To Whom It May Concern” a portare un rombante attacco post-punk, lasciando poi spazio ad “AMA”, dove la voce della Erice disegna invece panorami più delicati e puliti.

Circa tre quarti d’ora in cui le quattro ragazze di Madrid hanno mostrato ai loro fan parmigiani tutto il loro valore, sapendo mostrare sia il loro volto più intenso, cupo e punk, come quello più gentile, melodico e divertente: il futuro è sicuramente dalla loro parte.