A sette anni di distanza dall’acclamato esordio “Permanence” fanno il loro atteso ritorno sulle scene i No Devotion, vero e proprio supergruppo formato da Geoff Rickly (voce) dei Thursday e da due ex membri dei Lostprophets, Lee Gaze (chitarre) e Stuart Richardson (basso e tastiere).
Le aspettative per questo “No Oblivion” – seguito di un album che, nel 2015, venne premiato come migliore uscita dell’anno dalla prestigiosa rivista britannica Kerrang! ““ erano abbastanza alte nonostante la pressochè totale scomparsa dai radar della band, a malapena sopravvissuta a tutta una serie di sciagure potenzialmente letali (il fallimento della precedente label, qualche problema di salute per Rickly, gli atroci crimini commessi da Ian Watkins che hanno devastato il marchio Lostprophets e creato non pochi problemi di ripresa agli incolpevoli Richardson e Gaze).
Saranno riusciti i No Devotion targati 2022 – dimezzati per la fuoriuscita di Mike Lewis, Luke Johnson e Jamie Oliver ““ a rimettere insieme i cocci di una carriera che sembrava finita pochi istanti dopo l’incoraggiante inizio? A mio modesto parere sì. Perchè “No Oblivion” è un disco davvero ben fatto; un’opera matura e incredibilmente affascinante che, già al primo ascolto, colpisce per eleganza, grazia e passione.
I No Devotion non si inventano nulla ma interpretano in maniera estremamente personale e moderna il verbo del post-punk, mettendo sempre e costantemente in risalto gli elementi dark del genere. Le atmosfere glaciali, i suoni sintetici e le melodie plumbee alla base dell’opera non suonano mai come una forzatura, nè tantomeno appesantiscono una proposta artistica dominata da grande varietà di stili, linguaggi e umori.
I toni romantici e drammatici della new wave che caratterizzano “Endless Desire” (molto bella e molto ’80s), “In A Broken Land”, “Starlings” e “Love Songs From Fascist Italy” (brano dal titolo decisamente inquietante, chissà se Geoff Rickly ha saputo della vittoria di Fratelli d’Italia alle elezioni”…) hanno sì un che di gelido, ma anche un gusto alquanto dolce se confrontati con i brani dove la chitarra elettrica ruba la scena alle tastiere.
L’energia viene dosata con attenzione ma, in fin dei conti, “No Oblivion” è un album dal fortissimo spirito rock che si fa apprezzare anche quando l’elettronica non è del tutto in primo piano, come avviene nella coinvolgente “The End Of Longing” (un bel pezzo ballabile che con la mente ci riporta al post-punk revival di una quindicina di anni fa), nell’oscura “A Sky Deep And Clear” (un buon esempio di industrial rock radiofonico) e nella fantastica “No Oblivion”, una canzone veramente memorabile attraversata da un semplice ma orecchiabilissimo riff di sintetizzatore.
Le influenze dei No Devotion sono chiare (New Order, Joy Division e The Cure i mostri sacri da loro citati nelle interviste) ma non determinanti per un trio di talenti con personalità , idee ed esperienza da vendere. E il bello è che questa musica non ha davvero nulla in comune con le produzioni più note di Thursday e Lostprophets: un merito in più per i più che poliedrici Geoff Rickly, Lee Gaze e Stuart Richardson, coraggiosi nel loro desiderio di trasformarsi e mettersi alla prova con un progetto rimasto sotto naftalina per troppo tempo.