Maestri all’opera al Mandela Forum di Firenze.

I The Cure intrattengono il foltissimo (e caldissimo) pubblico toscano – e non solo – con il solito lungo ed intenso concerto che ne è ormai diventato un tratto distintivo, nonostante il lento ma inesorabile incedere dell’età .

Dopo che i (bravi) The Twilight Sad lasciano il palco, è questione di pochi minuti che ecco Robert Smith fare capolino, fidata band al seguito. Si parte subito con la nuova “Alone”, ma ci sarà  poi spazio anche per due brani che verosimilmente saranno nel nuovo album in studio, ovvero “And Nothing is Forever” e “Endsong”, che chiude la prima parte di concerto. Prima parte che mette in mostra la vena più darkwave, scura, straziata e malinconica del gruppo e del suo deus ex machina. Quella che, poco da dire, meglio li rappresenta: plauso speciale per “Burn”, che lascia il pubblico a bocca aperta, inerme.

Si riparte con un mini lotto encore  che si chiude con la magica “A Forest”: Smith è perfetto, la band va con il pilota automatico, con un Gallup, rientrato nel team dopo la pausa dello scorso anno, in forma strepitosa.

E’ l’ultima parte, il secondo encore, dove la band inglese cala tutti gli assi radio friendly: da “Lullaby” a “Friday I’m in Love”, passando per “Close to Me” e “Just Like Heaven” (ma c’è anche “Hot Hot Hot!!!”, anno del Signore 1987).

Chiude i giochi l’ennesimo cavallo di battaglia, “Boys Don’t Cry”.

Pubblico soddisfatto e oltre 2 ore e mezzo di concerto per una band che ha fatto la storia, e non ha ancora intenzione di risparmiarsi nelle proprie esibizioni dal vivo.