Un giocattolone, se la si prende così la nuova mini serie di Steven Moffat, la mente dietro “Scherlock” e tanti altri successi televisivi brit, che è un gran bel vedere. Accettata una trama ostentosamente forzata, sia nel connettere un braccio della morte americano e un vicariato giusto fuori Londra che nell’escalation degli eventi che mette in essere, c’è soltanto da appiccicarsi al divano e godere degli eccessi di una sceneggiatura se non altro avvincente.
Se infatti “Inside Man” ha un problema è che il messaggio che sembra voler veicolare, il mantra che il personaggio di Stanley Tucci ripete più e più volte secondo cui tutti siamo dei killer ed è soltanto questione di incontrare la persona giusta, soccombe sotto i colpi dei colpi di scena (mi si perdoni l’orribile gioco di parole) e dell’irona british. La serie fa infatti anche molto ridere, specie quando si avvia verso il rocambolesco finale.
Inutile anche parlare di quanto siano stati bravi Tucci e Tennant, rispettivamente un assassino nel braccio della morte che nel tempo che lo separa dall’esecuzione si diletta a risolvere casi di scomparsa e un parroco protestante ingiustamente accusato della prima cosa di cui oggigiorno qualcuno accuserebbe un prelato – come dice lui stesso in un momento tra i pià esilaranti della serie. La performance più sorprendente è però quella di Dolly Wells, la tutrice di matematica incarcerata dal prete nello scantinato, così brava nell’essere insopportabile che gliela andresti a dare tu una martellata in faccia.