Più mi guardavo intorno e piu vedevo collegamenti con la Factory Records, ovunque. E poi l’illuminazione.” Più o meno così è iniziata la chiaccherata con Fernando Rennis, autore del libro “Un glorioso fallimento”, il suo lavoro dedicato alla curiosa storia dell’etichetta discografica di Manchester.

Era il 23 novembre 1992: la Factory Records dichiarava bancarotta. Come si evince dal titolo del libro però, il fallimento della Factory sembra essere di per se un incredibile ossimoro: la sua fine porta con se qualcosa di glorioso. Il modo di operare del suo fondatore Tony Wilson, strampalato e non curante dell’universo commerciale ha d’altronde permesso al grande pubblico di conoscere i Joy Division e i New Order, vi immaginereste il mondo senza band di questo tipo?

Fernando Rennis ha lavorato duro ed è riuscito a ricevere informazioni incredibili, testimonianze preziose tutte presenti nel libro, un lavoro attento nei confronti di questa etichetta che ha abbracciato più di settanta artisti e ha pubblicato più di trecento dischi. Quel che c’è di glorioso nella storia della Factory però non sono di certo i numeri legati alla sua ricchezza economica. I fondatori dell’etichetta Tony Wilson e Alan Erasmus, con Peter Saville come grafico e Martin Hannett come produttore si muovevano nel nome dell’arte e proveniendo tutti da mondi lontani rispetto al marketing della musica, ognuno di loro muoveva i suoi passi secondo la propria indole artistica. Analizzando nel dettaglio il catalogo della Factory, l’autore vi racconterà  di quanto fosse davvero eterogeneo e di certo non armonioso a livello ideologico, se così vogliamo dirla.

Un film, o ancora meglio, dato che è proprio il caso di dire che la realtà  supera la fantasia. Un fallimento, tutto in fumo, uno spreco incredibile di denari, quattordici anni di episodi dell’assurdo raccontati magistralmente da Rennis, spesso alla prese con più versioni delle stesse situazioni. L’oscurità  spesso avvolge la storia della Factory Records, anche se proprio lei aveva fatto uscire Manchester dal buio e dal grigiore che da tempo la incastrava. Ma perchè il fallimento? Cosa c’era nelle menti dei suoi fondatori? Come veniva gestita l’azienda? Quel che economicamente è accaduto a questa etichetta indipendente altro non è che il risultato di un’autogestione. Il team della Factory Records infatti si muoveva seguendo il principio dell’anarchia, dichiarando di lavorare in nome dell’arte e per l’arte e non di certo nel nome dei soldi. Il forte ripudio nei confronti del capitalismo e la sua assenza di programmazione economica la fece però diventare il modello delle etichette future: la musica forse era davvero in primo piano, anche se questo ha portato la Factory alla rovina. Come sottolinea Fernando Rennis però la sua è una rovina gloriosa, d’altronde sono passati trentanni e noi siamo qui a parlare di quel mondo.

Solo in quel momento e solo in quel luogo, questo è certo. Il post punk entrò nelle case di un popolo distrutto, e quello stesso popolo ha potuto poi frequentare L’Haà§ienda, il Nightclub della città , famoso in tutto il mondo, sprofondato in malora anch’esso, d’altronde era in piedi grazie ai finanziamenti della Factory Records.

Un libro di musica, un libro di storia e un libro sull’importanza del sentimento, personaggio pricipale di tutta questa storia. L’ideologia e la passione del team della Factory non hanno lasciato spazio ai commercialisti, cacciati con assurda audacia.

Esisterebbe ciò che è venuto dopo se la Factory Records non si fosse in un certo senso immolata? Quello della famosa ed eterna etichetta sembra essere infatti un sacrificio, una vera e propria autocrocefissione risultata poi salvifica per gli artisti venuti dopo.

Editore : “Ž Arcana (17 giugno 2022)
Autore : Fernando Rennis
Lingua “: “Ž Italiano
Pagine : “Ž272 pagine
ISBN-10 “: “Ž 8892771213
ISBN-13 : 978-8892771215