Venticinque anni fa con il suo album d’esordio irrompeva nella scena musicale, bucando gli schermi di mezzo mondo, la dolce cantante australiana Natalie Imbruglia, lanciata in orbita una settimana prima dal singolo “Torn” irresistibile brano pop destinato a diventare un classico del periodo.

Di chiare origini italiane (il padre è nativo di Lipari), nonostante la giovanissima età  – 22 anni all’epoca – aveva già  alle spalle una storia artistica di rilievo, iniziata però come attrice: la Nostra infatti quando ancora era minorenne figurava tra i protagonisti della soap opera “Neighbours”, sconosciuta da noi ma assai popolare nel suo Paese (e che poteva vantare altre partecipazioni famose, come quelle di Kylie MinogueHolly Valance).

Veniva considerata una star in Patria ma non si sentiva pienamente se’ stessa e pian piano si rafforzò in lei l’idea che non fosse quella la strada giusta da percorrere.

Lasciata quindi la recitazione e desiderosa di rimettersi in gioco, partì letteralmente da zero trasferendosi in Inghilterra, dimostrando grande carattere e motivazione; in quel di Londra trovò il modo migliore per poter esprimere il proprio mondo interiore e soprattutto liberare il suo grande potenziale.

L’occasione si materializzò in una demo contenente anche il provino di quella “Torn” che lei portò sul tetto del mondo, ma la cui genesi è piuttosto particolare, ed è un chiaro esempio di come sia giusto a volte per un autore non arrendersi quando si è convinti che la propria canzone abbia delle qualità  importante per ottenere un grande successo.

E’ quello che è successo a Scott Cutler e Anne Preven, componenti della band californiana Ednaswap, che col produttore Phil Tornalley scrissero la primissima versione di quel brano, destinato a diventare famoso, addirittura nel 1993.

“Torn” pertanto in quel novembre del 1997 aveva vissuto già  diverse vite, se pensiamo che dapprima fu affidata alla cantante danese Lis Sørensen che la interpretò nella sua lingua madre (il titolo mutò in “Brà…ndt”) ricavandone un discreto successo non discostandosi poi molto dalla versione nota della Imbruglia.

Non contenti i Nostri decisero di pubblicarla a loro volta addirittura in due album differenti, in chiave decisamente dark rock. Un’altra artista, piuttosto nota in Scandinavia, di nome Trine Rein, ne fece infine un’ulteriore versione, stavolta in lingua inglese, raggiungendo ottimi riscontri nella natia Norvegia, oltre che in Giappone.

Insomma, queste note riecheggiavano ormai da qualche anno ma la canzone, in effetti notevole, non aveva ancora goduto di quel successo mainstream che in tanti vedevano all’orizzonte.

Mancava in definitiva quel quid, quel tocco in più, l’incastro giusto di ogni ingrediente, e tutto ciò si materializzò finalmente nella versione della Imbruglia, malinconica ma non dolente, coinvolgente ma non stucchevole, ariosa e melodica. Un fattore non secondario, occorre dirlo, di questo fragoroso exploit su scala globale, è da attribuire all’immagine fresca e genuina della sua giovane interprete.

Insomma fu un parto difficile ma poi tanta costanza fu premiata, se si pensa che il singolo spopolò ovunque, giungendo oltretutto a un passo dall’aggiudicarsi un Grammy Awards, e facendo da traino all’attesissimo (a quel punto) album “Left of the Middle” che vendette qualcosa come otto milioni di copie nel mondo, cifre mai più nemmeno avvicinate dai suoi successori.

Il successo fu così travolgente da spingere inevitabilmente ancora una volta l’australiana sotto i riflettori ma stavolta Natalie era prontissima a prendersi la meritata scena, e pienamente convinta di avere altre cartucce vincenti da sparare in quel suo album d’esordio.

In effetti, dato a Cesare quel che è di Cesare, è giusto riconoscere che”Left in the Meddle” funziona nel suo insieme, mettendo in mostra un’artista piuttosto versatile che, nonostante l’indubbia avvenenza, intende puntare più sulla sostanza che sulla forma, in un periodo dove le cantanti pop (per non dire delle girl band) stanno emergendo in modo copioso.

Lei stava a metà  del guado, non si trattava certo di una novella Alanis Morissette ma nemmeno di una parente di qualche Spice Girls per capirci.

Scorrono in sequenza nel disco interessanti brani dall’impianto pop rock, realizzati con garbo e misura, in cui la Imbruglia mostra personalità  e consapevolezza, grazia interpretativa ma anche una certa grinta quando occorre.

Dalla sfacciata “Big Mistake”, avvolta da oscuri ricami rock alla pimpante “Wishing I Was There” fino ad arrivare alla malinconica “Smoke”, ogni singolo via via pubblicato andava a corroborare la qualità  di un album dagli umori cangianti, tutti ben sintetizzati dalle interpretazioni di Natalie, che nella quasi totalità  dei pezzi ha messo pure la sua firma.

A fianco a lei meritano il giusto rilievo il pool di professionisti coinvolti (tra cui il produttore Phil Tornalley e il noto Nigel Godrich che ha curato il mix di diversi brani) che di certo ne hanno colto le potenzialità , dandole mode di arrivare al cuore della gente con una proposta accessibile ma non per questo banale.

Era nata una stella, che sprizzava gioia e dolcezza ma che non celava le sue fragilità .

Sarebbero passati altri quattro anni prima di dare un seguito a questo fortunato esordio, ma il mood del pur ottimo, in ambito pop, “White Lilies Island” sarebbe stato molto diverso, a iniziare dalla sofferta e intensa “That Day” che lo anticipava rivelandoci una Natalie Imbruglia cresciuta sotto ogni punto di vista ma anche più disincantata nell’affrontare la realtà  e le insidie dello show business.

Natalie Imbruglia ““ Left of the Middle
Data di pubblicazione:  24 novembre 1997
Tracce: 12
Lunghezza:  50:03
Etichetta: RCA
Produttore: Matt Bronleewe, Mark Goldenberg, Phil Tornalley, Andy Wright, Gareth Parton, Nigel Godrich

Tracklist
1. Torn
2. One More Addiction
3. Big Mistake
4. Leave Me Alone
5. Wishing I Was There
6. Smoke
7. Pigeons and Crumbs
8. Don’t You Think?
9. Impressed
10. Intuition
11. City
12. Left of the Middle