Terzo album per i gallesi Holy Coves, un trio capeggiato dal cantante/songwriter Scott Marsden che ha tutte le carte in regola per fare strage di cuori tra gli amanti di un certo tipo ben specifico di rock britannico. O per meglio dire di un’epoca ben delimitata del rock britannico, dominata da sensibilità e stili diversi.
Facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo a quegli indimenticabili anni ’90 che ci regalarono nuovi visioni psichedeliche (“A Northern Soul” dei Verve), scariche di pura adrenalina (“The Holy Bible” dei Manic Street Preachers) e quintali di melodie pop nascoste dietro muri di chitarre distorte (“Definitely Maybe” degli Oasis e “Word Gets Around” degli Stereophonics).
Ecco, “Druids And Bards” non è neppure paragonabile ai vecchi classici poc’anzi citati ma ne è sicuramente il piccolissimo figlio bastardo, vestito di abiti moderni e con un faccino non particolarmente rassicurante ma comunque pulito quanto basta per funzionare sulle radio (in patria, infatti, pare che la BBC stia gradendo).
Tante, forse persino troppe le influenze degli Holy Coves, che difatti non sono in alcun modo dei mostri di originalità ; anzi, spesso e volentieri ricordano in maniera preoccupante i Kasabian (che io personalmente non ho mai apprezzato, ma vabbè, degustibus).
Nel loro non riuscire a dir nulla di nuovo, tuttavia, sono bravi a mettere in equilibrio e unire tra loro elementi di psichedelia, garage, indie, post-punk e pop, mischiandoli in un brit rock decisamente contaminato ma dal sound familiare, costruito a dovere per accontentare un po’ tutti i fan della vecchia scuola.
Pochi dubbi: in un altro periodo storico le nove grintosissime tracce di “Druids And Bards” – forti di melodie super-appiccicose e ritornelli a presa rapida ““ avrebbero lanciato gli Holy Coves ai vertici delle classifiche. Il potenziale c’è ma, almeno per il momento, Scott Marsden e compagni le arene, i palazzetti e i sogni di gloria li possono guardare solo con il binocolo. Potranno accontentarsi di un pubblico tutto sommato di nicchia, costituito dai sempre numerosi estimatori del rock britannico d’antan, ai quali consiglio di dare più di una chance a ottimi brani come “Away We Go”, “Grey”, “Another Day” e “Taste The Wine”.