Shane Embury dei Napalm Death torna a esplorare i meandri dell’ambient e dell’industrial più oscuri e ostici con “Inferus”, il nuovo album del suo ambizioso progetto solista chiamato Dark Sky Burial.
Un disco dai toni fantascientifici, cupo e angosciante, dove emerge in maniera chiara l’influenza esercitata dalle colonne sonore dei vecchi film horror tanto amati dal bassista britannico.
Il pensiero corre al maestro John Carpenter, ma qui i livelli qualitativi sono decisamente molto più bassi. Dico questo senza voler sminuire il lavoro svolto dallo storico membro dei Napalm Death, qui alle prese con un genere lontano anni luce dai suoni del grindcore e del death metal che è abituato a masticare.
Nei nove brani in lista, tutti strumentali e lunghissimi (in media siamo sopra i sette minuti di durata), Embury dimostra di avere una buona dimestichezza con l’elettronica. Si muove con sicurezza, tra ritmi sintetici e atmosfere sinistre, riuscendo a dar forma a paesaggi sonori cangianti e suggestivi. La noia è sempre dietro l’angolo, alcune soluzioni sono un po’ scolastiche (quando non addirittura banali), ma ci sono anche tante idee che riescono a rendere stranamente dinamica un’opera che ha tutte le carte in regola per farci sprofondare nella depressione.
Mettiamola così: se cercate un sottofondo angoscioso e tetro per la lettura di un bel romanzo horror, “Inferus” fa sicuramente al caso vostro. Non infastidisce e non distrae: un toccasana per la concentrazione. Se invece cercate della dark ambient davvero degna di nota, provate a rivolgervi altrove.
Vogliamo bene a Shane Embury, ma con questo progetto è andato a mettersi in competizione con due suoi ex compagni di band (Mick Harris e Justin Broadrick) che nel campo della musica elettronica hanno prodotto cose molto, ma molto più valide del progetto Dark Sky Burial.