Siamo alla fine del XX secolo: il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche, sulla faccia della terra gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l’aspetto di desolati deserti; tuttavia la razza umana era sopravvissuta.
La storia umana è stata sempre caratterizzata da opinioni diverse che si sfidavano e spesso, purtroppo, lo hanno fatto in maniera bellicosa. Inoltre tutte le volte che un pensiero unico è riuscito a prevalere ed imporre la propria assolutistica, dispotica ed indiscutibile verità le cose sono andate, sciaguratamente, di male in peggio.
Oggi la contesa si è spostata in rete e se da un lato la baruffa verbale si è trasformata, frequentemente, in un tossico veleno virtuale, contemporaneamente, si è andata diffondendo sempre più quella che viene definita “cancel culture”, ovvero la cultura dell’annullamento. Ma non esiste alcun contenuto culturale, si tratta, in modo più verosimile, di una pratica di stampo mafioso che, in nome del giustizialismo sociale, distrugge ed annienta quello che è il nostro patrimonio storico, culturale ed artistico, andando a limitare, nel presente, la libertà di pensiero e di parola delle persone.
Internet ha abolito ogni confine tra la sfera pubblica e la sfera privata; ci sentiamo continuamente osservati e, spesso, questi sguardi digitali ci piacciono, finché, poi, non diventano qualcosa di eccessivamente morboso ed invasivo. Parallelamente l’essenza istantanea dei social-media, di un video pubblicato su Tik Tok, di una foto lasciata in balia di Instagram o di un concetto esposto attraverso Facebook o Twitter, fanno sì che qualsiasi questione, anche estremamente complessa ed articolata, si trasformi in un riduttivo, superficiale e semplicistico “o sei con me o sei contro di me”, “o sei il buono o sei il cattivo“, “o è tutto nero o
è tutto bianco“, senza più tener conto della natura umana, della sua intrinseca fragilità, degli errori che commettiamo continuamente, ma anche della capacità di apprendere da essi e farne tesoro.
Chiunque, non importa se si tratti di un personaggio famoso o no, di un personaggio reale o di fantasia, di un personaggio ancora in vita o no, può essere istantaneamente demonizzato, bandito e boicottato; può essere, appunto, cancellato. E se, inizialmente, qualcuno godeva di questi processi sommari, sostenendo che essi, in fondo, rappresentavano una giusta rivolta contro l’arroganza, la brutalità e la violenza dei tanti piccoli e grandi Trump che riempivano le nostre esistenze e le nostre pagine social, oggi, è evidente che non esiste alcun legame con la verità o con la giustizia, ma si tratta solamente di una insensata, balorda, venefica e
malsana follia che arriva a sopprimere le idee e ad impedire il libero scambio di libri, di film, di dischi, di fumetti, di cartoni animati, di opere dell’ingegno umano che si ritiene non siano conformi rispetto alle norme pseudo-progressiste che il sistema di potere mediatico globalizzato impone, con supponenza, prepotenza e presunzione, al resto del mondo.
In un’epoca dominata dal consumismo, nella quale è normale cancellare un ordine, una prenotazione, un prodotto, un abbonamento, una transizione economica, perché non si può pensare, di conseguenza, di poter cancellare anche la cultura, la storia, la filosofia, la letteratura, il cinema o la musica? Perché non si può pretendere che esse vengano riformulate secondo quelli che sono i gusti, le mode, le tendenze, i criteri, i giudizi e gli schemi di pensiero attualmente dominanti? E se quest’opera di cancellazione si trasformasse in una sorta di assurda, illogica e irrazionale vendetta, magari anche in quegli agognati quindici minuti di celebrità individuale, ciò non sarebbe appagante per il proprio ego arido, monotono ed incolore? Chi se ne frega, in fondo, se questi comportamenti e questi atteggiamenti sono parte di quello stesso bullismo cibernetico che pretendevano denunciare, smascherare e ridurre all’impotenza?
Ma nonostante i principi del “politically correct” forniscano a questi vigilanti, orgogliosi della propria ignoranza, una pericolosissima e micidiale giustificazione morale, essi, in realtà, esercitano un ruolo che, tante volte, abbiamo visto in passato. Il loro è il ruolo dell’Inquisizione Spagnola, della Stasi, del Basij e di tutte quelle forze che utilizzano, in maniera sistematica ed autoritaria, la cancellazione di tutte le opinioni non allineate. L’elenco è lunghissimo, i modi con cui queste forze operano sono diversi, ma nessuno stato, nessun governo, compreso quello italiano, può ritenersi innocente. Dobbiamo aprire il vaso di Pandora della recente pandemia? Dobbiamo ricordare come molti di quei politici che, attualmente, si appellano e si aggrappano ai nostri principi costituzionali, solo qualche mese fa, se li mettevano, puntualmente, sotto i piedi?
In fondo è sempre stata una farsa, non c’è mai stata, davvero, la possibilità di intaccare gli organi, le istituzioni, le entità, più o meno oscure, che detengono il vero potere. Si tratta di un carnevale medioevale, con le sue marionette, i suoi buffoni, le sue recite, la sua retorica e le sue volgarità, che, alla fine, non riuscirà mai a sovvertire il sistema.
Anzi, sarà sempre più facile, più conveniente e più comodo prendersela con Dante che ha il torto di aver spedito Maometto all’inferno, con Shakespeare che descriveva lo schiavo Calibano come un essere deforme, ripugnante ed abietto oppure con Dostoevskij, il cui unico torto è essere connazionale di Putin.
Sarà sempre più semplice abbattere le statue di Cristoforo Colombo e giungere, nella loro paranoide e nevrotica pazzia, a scagliarsi contro personaggi immaginari come Batman o Peter Pan, Harry Potter o zio Paperone, James Bond o Il Grande Mazinga.
Abbiamo costruito una sorta di Propagandaministerium che vuole controllare le espressioni culturali del mondo intero, proprio come, a suo tempo, fecero i nazisti, alterando la storia e manipolando la verità per giustificare i loro aberranti crimini. Ma nessun evento, nessun personaggio, va cancellato, come se si trattasse di un ordine sbagliato su Amazon, anzi va conosciuto, narrato, analizzato e studiato a fondo, perché solo così, se avremo memoria di ogni tragedia, di ogni assassino, di ogni Olocausto, di ogni despota, potremo tentare di evitare le aberrazioni del passato.
Il nemico, dunque, non è il passato e ciò che esso contiene, ma è questo regime profondamente narcisista, dogmatico e auto-referenziale che cade, sistematicamente, nel paradosso di adottare le stesse logiche di ostilità e violenza che pretende di combattere. Esso, infatti, non fa altro che utilizzare i soliti abominevoli meccanismi di censura, di esclusione, di isolamento, di silenzio, di cancellazione, per controllare i nostri comportamenti e le nostre scelte, categorizzando e classificando i cattivi, gli avversari, gli untori, i nemici, reali o immaginari, di turno.