Certi dischi sono destinati fin dalla loro uscita a diventare dei veri e propri classici, non solo grazie ai propri punti di forza intrinseci, ma anche per fattori esterni rispetto al contenuto musicale. “Big Calm”, il cui status di classico degli anni Novanta non può essere messo in discussione, è il perfetto esempio di quanto appena detto. La grande personalità stilistica data dalla capacità di integrare perfettamente tra loro un ampio numero di generi musicali, la pazzesca qualità melodica, il carisma vocale e testi che sanno parlare all’ascoltatore senza complicazioni e senza ruffianeria sono solo una parte dei motivi del successo di questo disco. Esso, infatti,
rappresenta la proposta musicale giusta nel momento giusto, nel senso che, in un periodo come l’inizio del 1998, nel quale non si capiva ancora bene quanta vita fosse ancora rimasta per il britpop, serviva qualcosa che desse al pubblico altre melodie da cantare e un suono in cui immergersi con piacere, ma con la stessa sensazione di esaltazione della contemporaneità che il britpop aveva dato nel triennio precedente.
Erano anni in cui qualunque appassionato in ogni campo cercava il più possibile di ampliare i propri orizzonti, anche, se non soprattutto, alla crescente diffusione dell’uso del world wide web. La musica non poteva sfuggire a questo stato di cose, e
serviva, quindi, qualcosa che lo rappresentasse al meglio. “Big Calm” ha perfettamente intercettato questa necessità e, anche se le cronache raccontano che la struttura base delle canzoni fosse già pronta a fine 1995, la sua forma definitiva è arrivata nel posto giusto al momento giusto. Con questa affermazione, intendo anche sottolineare l’importanza del fatto che, in quel periodo, la Gran Bretagna avesse finalmente cacciato i Tories dal Governo e avesse eletto come Primo Ministro il leader laburista Tony Blair. Questo significava che una delle principali cause del successo del britpop, ovvero la reazione sociale al thatcherismo, era venuta meno, e
anche per questo serviva qualcosa di musicalmente diverso per connettersi con il grande pubblico, qualcosa di più ricercato e vellutato, che rappresentasse la sensazione di vedere al potere un rappresentante delle proprie istanze, stabilendo, quindi, un senso di superiorità rispetto a chi avrebbe finalmente smesso di rovinare la vita al popolo. Come dicono gli Offlaga Disco Pax, “non andò, esattamente, così, ma almeno ci avevano provato“, e comunque questa è un’altra storia.
La storia su cui è giusto concentrarsi, invece, è quella del contenuto musicale di un disco che ha sì giovato di altri fattori per arrivare al grande successo, ma che, al di là di questo, risulta impeccabile ed emozionante anche riascoltato oggi. Si parla tanto di quanto ogni disco sia invecchiato bene, e “Big Calm” supera brillantemente anche questo esame. Provate, infatti, a metterlo su, e noterete anche voi che esso è in grado di colpire esattamente come allora, con il suo suono avvolgente, la mescolanza di stili che gode della stesa fluidità della circolazione sanguigna, le melodie che si appiccicano in testa fin dal primo ascolto, la riconoscibilità nel modo
di suonare, soprattutto i giri e i piccoli assoli di chitarra messi in piedi da Ross Godfrey, il carisma vocale di Skye Edwards, col suo timbro vocale così rotondo, suadente ed espressivo, i testi che, senza troppi giri di parole, sono in grado di dire cose semplici e allo stesso tempo di grande impatto. Quando, nell’iniziale e notissima “The Sea”, Skye canta “I’d love to stay, the city calls me home, more hassles fuss and lies on the phone” si capisce che in 25 anni, purtroppo, certe cose non sono cambiate; lo stesso si può dire quando arriva il ritornello dell’altrettanto nota “Blindfold”: “I’m so glad to have you, and it’s getting worse. I’m so mad to love you, and your evil curse“, ovvero come andare dritti al punto delle contraddizioni che caratterizzano molte relazioni sentimentali, allora come oggi.
“Big Calm” è forse il primo esempio in cui la contaminazione tra generi musicali risulti così immediata e in grado di solleticare i gusti di un’amplissima fetta i ascoltatori. Lo stesso trip hop, movimento dal quale i Morcheeba erano partiti col loro primo disco, sembrava più una nicchia per intellettuali che una via diversa per rappresentare il sentire comune della gente. Qui, invece, questa rappresentazione è più realistica che mai, e tanta gente che, fino ad allora, era convinta che l’unico modo che la musica avesse per parlare della vita vera fosse usare le chitarre e una certa esuberanza, ha iniziato ad assumere un punto di vista diverso per giudicare la qualità musicale. Mi viene da dire che “Big Calm” è uno dei motivi principali per cui gli over 40 di oggi cresciuti con un’impostazione musicale strettamente rock hanno ora così tanta apertura mentale nell’apprezzare cose diverse. Un disco, quindi, che non solo ha aperto la mente a milioni di appassionati, ma che ha spinto la propria influenza fino al giorno d’oggi e, probabilmente, anche oltre. Celebrarlo, quindi, è non solo un piacere, ma anche un dovere.
Pubblicazione: 16 marzo 1998
Durata: 50:23
Dischi: 1
Tracce: 11
Genere: Trip hop, Musica elettronica, Downtempo
Etichetta: China Records, Sire Records
Produttore: Morcheeba, Pete Norris
Tracklist:
The Sea
Shoulder Holster
Part of the Process
Blindfold
Let Me See
Bullet Proof
Over and Over
Friction
Diggin’ a Watery Grave
Fear and Love
Big Calm