All’inizio dello scorso anno a Shana Cleveland era stato diagnosticato un tumore al seno, ma per fortuna la musicista nativa del Michigan e di stanza a Los Angeles è riuscita a sconfiggerlo e ora torna a regalarci la grande qualità della sua musica, in questo caso in versione solista, in attesa di un quinto album delle sue La Luz.
Manzanita è un piccolo albero sempreverde dalle proprietà medicinali tipico della California e il nome non è un caso perché la Cleveland dichiara che questo suo nuovo lavoro, scritto mentre era in attesa di suo figlio Ozzy e subito dopo la sua nascita (2019),
è un album d’amore soprannaturale ambientato nella natura selvaggia della California.
Sono ben quattordici le canzoni che compongono questo nuovo LP della statunitense, alcune delle quali brevi tracce strumentali: la opening-track “A Ghost” ci introduce in questo suo fantastico mondo che ha un non so che di angelico e spirituale, con la voce di Shana che ci conduce su territori folk coperti da un leggero velo di rilassante psichedelia, dove trovano spazio sia la chitarra acustica, che morbide percussioni nonché lo splendido suono del Mellotron, cortesia del suo compagno Will Sprott, uno dei numerosi collaboratori del disco.
Le emozioni e la bellezza proseguono poco dopo anche con “Faces In The Firelight”, dove non solo i vocals della Cleveland ci regalano altri attimi di sentimenti puri, ma anche la strumentazione cresce con arrangiamenti di archi che sembrano davvero perfetti in questo contesto e che comunque non vanno mai a contrastare con l’ambientazione in cui la musicista nativa del Michigan ci ha trasportato.
“Quick Winter Sun”, invece, mette in luce le doti di Shana alla chitarra con un ottimo finger-picking che conduce i giochi verso territori psych-folk piuttosto cupi, mentre in sottofondo si possono comunque ascoltare piano e archi.
Un tocco cinematico pervade “Evil Eye” dove, al sempre interessante lavoro della sei corde acustiche della Cleveland, si aggiungono le eccellenti linee disegnate dal basso di Abbey Blackwell, sua compagna proprio nelle La Luz e un ottima, seppur buia melodia.
“Mayonnaise”, descritta con piano e chitarra, non è un semplice brano di folk tradizionale, ma ha qualcosa di spirituale e di extrasensoriale ed è pura magia.
Un disco molto personale, interessante e davvero piacevole che, in meno di quaranta minuti, ci porta in mondi folk particolari, strumentalmente ricchi e toccanti.