Il fatto che aneli l’uscita anche in formato fisico di “Riding Monsters” la dice lunga, per quanto possa contare poco, di quanto mi abbia entusiasmato Henry Beckett.
Un plauso alla Cramps Records per averlo scritturato e grande sorpresa nell’apprendere che Henry in realtà è un artista italiano, questo perché tanto la produzione e la scelta degli arrangiamenti riveli non una mera velleità di assurgere ad una dimensione internazionale, quanto la vocalità non tradisca alcuna inflessione italiota.
L’apertura con “I’m calling you” seguita da “Riding monsters” è la migliore presentazione possibile, a testimonianza di un ottimo songwriting che si consolida e viene mantenuto per tutta la durata dell’album, circostanza spesso carente, sulla lunga distanza, da parte di molti musicisti.
Il disco quindi non presenta cedimenti di sorta, accarezzando l’ascoltatore con un pop rock intimista che fonde John Mayer e Nutini, una proposta di carattere cantautorale senza essere lo-fi .
Una scommessa vinta, che spero raccolga la giusta considerazione sia tra gli addetti ai lavori sia presso gli amanti della musica che, magari, stanno perdendo fiducia nelle proposte “made in Italy”.
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