Un decennio è passato dall’uscita di “Aiuole spartitraffico coltivate a grano” l’album che ha trasformato Francesco Pizzinelli e il suo progetto Jocelyn Pulsar in uno dei rappresentanti di quella scena indie degli anni dieci da cui sono emersi molti nomi nuovi, alcuni hanno poi confermato le attese altri meno.
Jocelyn Pulsar intanto ha continuato ad andar dritto per la sua strada unendo il cantautorato più scanzonato con una sapiente vena ironica che ha sempre caratterizzato il suo mondo di musicista alternativo. Aveva detto che non avrebbe più pubblicato nulla e invece eccolo qui, a cinque anni dall’ultima volta, tornare a dire la sua con un disco fatto in casa tra un trasloco e l’altro perché nella vita il cambiamento è sempre dietro l’angolo.
Magari “E’ una fase” passeggera come quella frase scritta sul post – it giallo sopra il frigo che ha il sapore agrodolce delle separazioni raccontate in formato acustico. “Lindièmorto” è cronaca spicciola della crisi di un genere che ha perso se stesso tra Instagram, Facebook, frutta fresca nel backstage. Non ero al funerale precisa Pizzinelli che torna sul tema anche in “T. Festa” che parla d’invidia per il successo altrui, di illusioni che s’infrangono prendendo spunto dalla storia di due pittori vista da chi ancora fatica a sbarcare il lunario.
Il wrestling come metafora di vita e di rapporti amichevoli e amorevoli solo in apparenza è la chiave di lettura della title track che fa i conti con la perdita di qualunque ingenuità. Francesco Pizzinelli si muove agilmente tra le storie di ordinaria follia al volante in “Zebra Crossing” e i mille dubbi che sfiorano “Non hai un’idea geniale per raccogliermi?” che è un po’ il secondo tempo di quel match di wrestling evocato poco fa. Diciannove minuti snelli quelli presentati dal musicista forlivese che punge e diverte all’insegna della totale genuinità.