Attiviamo il radar e scandagliamo in profondità un universo musicale sommerso. Vi racconteremo una band o un artista “nascosto” che secondo noi merita il vostro ascolto. Noi mettiamo gli strumenti, voi orecchie e voglia di scoperta, che l’esplorazione abbia inizio (e mai una fine)…
Hermosillo, stato di Sonora, Messico. Caldo incandescente, aria secca, giornate torride. Non potrebbe essere diversamente: il deserto è a uno sputo di distanza. Un giorno del 2016 il giovane ingegnere del suono Felipe García, un sosia di Pablo Escobar con un mullett che nemmeno MacGyver e un sorriso alla Lalo Salamanca, ritorna nella casa dei suoi genitori dopo mesi di assenza – poiché impegnato come chitarrista con i Mud Howlers – e scopre che il fratellino Iván, sette anni più giovane, ha imparato a suonare la batteria. I due decidono quindi di unire le forze formando un duo chitarra e batteria (come i britannici Slaves) sciorinante uno stoner, pesantemente influenzato dal punk, con venature psych. Nel settembre 2017 esce il loro primo disco, l’EP autoprodotto “Sgt. Papers Lonely Psych Punk Band” inciso a Hermosillo negli studi Onda Sonora, dove lavora Felipe, autore dei testi e delle musiche del gruppo.
Intendiamoci: non che Iván sia una presenza accessoria, anzi il García minore è decisamente iperattivo giacché a sua volta capitana altre band: Los Diabólicos (il loro primo album è uscito nel 2018), Cosas Ilegales (un disco e un EP fra il 2020 e il 2023) e i Patas. L’album d’esordio è trascinato dal pezzo “Pank”, incalzante e frenetico vortice sonoro che imprigiona l’ascoltatore, oltreché ideale manifesto della musica dei García: uno stoner in cui l’hardcore punk spadroneggia ma non cancella le influenze acid rock.
Il duo hermosillense grazie a un’instancabile attività concertistica si fa notare anche oltreconfine e l’anno successivo suona nel deserto del Mojave allo Stoned and Dusted, uno dei festival più cool del pianeta, assieme a Brant Bjork, Nebula, Yawning Man e alle spagnole Bala. In quell’occasione i García presentano il pezzo “No Fui Yo” (sorta di risposta a “Fuiste tú”, prima canzone del loro precedente lavoro): un maelstrom elettrificato – con un testo molto autoironico sulle sfortune di militare in un gruppo indipendente – che fa da traino al loro secondo disco “Me hiciste brujería” (letteralmente: mi hai fatto una stregoneria), scritto in
due settimane ma registrato in otto mesi.
La seconda fatica degli hermanitos appare sin dal primo ascolto più cesellata e variegata rispetto all’esordio: si passa dal garage di “Muérete de envidia”, al rock primitivo di “La Capital”, alla psichedelia di “No seas mamón”.
La pandemia blocca di colpo l’attività live, spesso negli USA, dei Sgt. Papers che però non se ne fanno un cruccio e si mettono all’opera per il loro terzo album “SGTP” che vede la luce nell’ottobre 2021 con l’etichetta Devil in the Woods. Il singolo di lancio è “Sandwich de monda” (letteralmente: sandwich del cazzo).
In “SGTP” aumentano le canzoni – nove (dieci nella versione in vinile grazie alla ripresentazione di “No seas mamón” in versione ridotta) – ma paradossalmente il minutaggio si abbassa (poco meno di mezz’ora) poiché los García assecondano il loro lato garage punk con pezzi furiosi, spesso intorno ai due minuti di lunghezza; un esempio è dato dal riottoso uno-due formato dalle tracks “Se siente bien” e “No es para todos”.
La pausa forzata ha favorito la prolificità della band – secondo Felipe a breve uscirà un nuovo disco – infatti questa negli ultimi mesi ha rilasciato un paio di canzoni: “Diosito” e “Pérdida total”, poderosi e ipnotici esempi del rock’n’roll dei García.
Attendiamo il nuovo album dei Sgt. Papers auspicando possano finalmente sbarcare in tour anche in Europa.
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