E’ un ritorno agrodolce tra distorsioni, elettronica e melodia quello dei Califone, veterani di un certo indie sperimentale, contaminato e malinconico non privo d’intuizioni e d’inventiva. “Villagers” è un viaggio tra memoria e futuro, un misto di “Captain Beefheart, soft rock anni ’70 e suoni digitali rotti” – Tim Rutili dixit – realizzato con il contributo di Brian Deck, Michael Krassner, Rachel Blumberg e Ben Massarella.
Americana ed elettro – pop si uniscono in “The Habsburg Jaw” scattante e nervosa in apertura, poi due ballate dal DNA misto come la nostalgica “Eyelash”, drum machine basso, piano, e il ritmo moderno di “McMansions” molto vicino per concezione e logica agli anni zero d’inizio millennio. Anima folk blues per la title track mentre “Comedy” punta su un tono confidenziale e classico, tastiere e fiati, un’altra ballata intensa e sentita.
“Ox – Eye” cresce lentamente tra elettronica e chitarre elettriche, un brano ibrido e tenace che trascina verso i sintetizzatori e gli arpeggi delicati di “Halloween”, dove la festa più paurosa dell’anno statunitense sembra non avere mai fine. “Skunkish” è forse la vera piccola sorpresa di “Villagers”: il titolo suggerisce un brano aggressivo e invece sono sei minuti col cuore in mano, grintosi a tratti ma fluidi tra percussioni e chitarre, una coda lunghissima, armonie che cambiano di continuo in un gustoso arrangiamento.
“Sweetly” è un saluto che somiglia a una carezza d’autore in chiusura di quarantacinque minuti ispirati che confermano in chiave diversa le buone sensazioni lasciate da “Echo Mine” nel 2020. Non devono dimostrare più nulla i Califone, la voce di Tim Rutili evocativa e un po’ roca tratteggia storie e racconti mai scontati in un album intenso che sa farsi amare.