E’ di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.
TATUM RUSH, Bougainvillae (EP)
Gli anni Ottanta bussano alla porta del nuovo pop italiano da qualche anno, ma in pochi hanno saputo reagire in modo non reazionario alla portata rivoluzionaria della riscoperta di un decennio fin troppo bistratto, senza cadere in emulazioni fini a sé stesse e ad un mercato che sembra volersi muovere solo su parodie: Tatum reinventa il sound degli Ottanta e lo stravolge in una chiave contemporanea che non smette di far scatenare il bassoventre con collaborazioni mirate, e artisticamente intelligentissime.
LEVANTE, Opera Futura (album)
Basta poco per capire che Levante è cresciuta, ed è ormai distante anni luce dalla visione più “indie” di sé per avvicinarsi piuttosto a qualcosa che rimanda ad un nuovo concetto di “indipendenza”: quella che passa dalle scelte, dalle prese di posizione, dal coraggio di lanciarsi anche in accorate invettive verso un mondo che ci sta stretto, contro un sistema di pensiero dal quale non possiamo che distaccarci per ritrovare quel minimo di oggettività necessaria per ricordarci chi siamo. In “Opera futura” Levante tira una linea su tutto il cantautorato pret-a-porter di oggi per lasciare qualcosa che ai posteri sarà utile per capire la nostra contemporaneità, senza perdere la leggerezza del pop.
TOMMASO PARADISO, BAUSTELLE, Amore Indiano
Un mix che, stando ai miei gusti personali e sbagliatissimi, mi faceva non poca paura: e invece l’accoppiata Paradiso/Baustelle, quella che insomma non ti verrebbe mai in mente, convince e forse costituisce la cosa che ho apprezzato di più, negli ultimi tempi di pubblicazioni fitte, da parte di entrambi i progetti. Il ritornello gasa, c’è poco da dire, e anche Tommy riesce a prendere nuove sfumature, meno kitsch, nella resa di un brano che unisce bene le forze per colmare debolezze antiche.
VETUSTA, Europop
L’esordio dei Vetusta non poteva trovare collocazione migliore di questa nel mio bollettino, giusto ad una recensione di distanza dagli adorati Baustelle, numi tutelari di un brano e di una band che fa della ricerca poetica la propria principale spinta creativa, verso un pop che rimane aggrappato saldamente ad un retrogusto synth-wave davvero piacevole. Una penna da seguire con attenzione, per un progetto non perdere più d’occhio ora che ha visto finalmente la luce.
FRANCESCO LETTIERI, Controfigura (album)
Una scrittura sincera e da sempre ispirata, capace di muoversi agevolmente tra pop e ricerca poetica nella resa finale di un melpot che conquista per eleganza senza per questo rintanarsi nella nicchia: la sfida della nuova canzone d’autore, bistrattata da un popolo di cantautori che sono tali per solitudine forzata più che per necessità e scelta, passa anche dalla ri-definizione di un concetto, quello di “autore”, che trova in Lettieri un perfetto e contemporaneo interprete all’altezza del ruolo.
GRETA BRAGONI, Lenzuola Blu
Sound giusto quello di Greta, che muovendosi su atmosfere r&b e urban riesce a raccontare la quotidianità di un amore che non si consuma, e finisce col rincorrerci su tutti i muri di tutte le città. Un disordine creativo che fa bene al cuore, e conferma la qualità del progetto.
OMINI, Sbaglio peggiore
Piglio brit-rock per gli Omini, che mettono in piedi una cavalcata compassata che tiene tesa la voce timbricamente efficace della band, vera e propria carica dinamitarda lasciata implodere nel giro di una ballata romantica e allo stesso tempo terapeutica.
TURBOSPETTRO, Letale
Come il nome dell’artista (e in linea con il titolo del brano), il nuovo singolo di Turbospettro mette la quinta e s’invola verso le autostrade del rock alternativo italiano, con un piglio velenoso che aiuta a spurgare l’energia distruttiva di un amore fatale, e letale.
THE BASTARD SONS OF DIONISO, CORO DELLA SAT, Il tuo tesoro
Sono fan dei TBSOD sin dai tempi di X-Factor, e come posso non impazzire di fronte a questa piccola epopea pop-prog in stile Settanta che i ragazzacci hanno tirato fuori in collaborazione con il Coro della Sat? Ovviamente, un piccolo tesoro sopratutto per i neo-hippie come me.
ALLARME, Letargo
Piglio un po’ grunge, un po’ hip-hop per Letargo, che tira giù una confessione tra l’intimo e il generazionale che riesce ad esprimere efficacemente la rabbiosa disperazione dell’artista. C’è margine di crescita.
INARTENODO, Noia
Sospeso tra realtà e immaginazione Inartenodo, che si tiene in equilibrio su un filo che lo tiene leggero e spericolato in bilico tra bellezza e prosaicità: la resa finale è un brano che rimanda all’urban tutto italiano di Aiello, con doti vocali decisamente più convincenti rispetto a quelle del cantautore calabrese.
ASCARI, Italien (album)
Che sono un grande fan di Ascari ormai l’avrete capito: ho seguito tutti i passi che hanno portato il progetto verso la pubblicazione di “Italien”, e di certo non poteva lasciarmi indifferente la resa finale di un disco che unisce linguaggi e stili diversi in una personale definizione di pop largamente strumentale che non asseconda l’ascoltatore, ma lo spinge piuttosto a rivedere le proprie certezze. E ad accendere il cervello, con musica che vale la pena di ascoltare e per bene. Un po’ a la Battiato, ma senza emulazione alcuna.
TROPEA, La versione migliore
Gasa eccome il nuovo singolo dei Tropea, che scatenano un buon rock’n’roll su un tappeto di sintetizzatori che richiamano alla new-wave senza rarefarsi nella stilizzazione sterile: c’è un testo che regge il peso dei confronti, e con una certa disinvoltura.
GIANCANE, Tutto male (album)
Un folk che trova lo slancio del pop mainstream per Giancane, autore ormai fondamentale della nuova scena alternativa perché capace di raccontare la complessità di un’esistenza che si nasconde dietro apparenze di benessere utili solo a celare quanto stiamo morendo dentro: un disco che è un paese meraviglioso fatto di canzoni che diventano bisturi per dissezionare tutte le sicurezze che non possiamo permetterci più di avere.
IDDA, Bilenu
Sonorità sospese tra l’evocativo e l’esoterico per Idda, che ricorre ad una lingua propria fatta di contaminazioni per rendere il caos che abita la sua testa, vero e proprio cantiere creativo che fa faville e convince per rabbia e qualità espressiva.
BUGO, Un bambino
Vecchie storie per nuove canzoni in Bugo, che riassembla i pezzi della sua formazione musicale e torna con rabbia ed efficacia alla tensione rock’n’roll degli esordi con un brano che schianta l’apatia pop degli ascoltatori restituendo a tutti il proprio lato esplosivamente bambino.
MAURA, Storie di arcieri e altri animali (album)
Anche quello di Maura è un nome ricorrente, negli ultimi mesi, sul mio bollettino: amo la voce della cantautrice, e credo possa davvero rappresentare una novità nel panorama nazionale perché dotata della spontaneità e della necessità giusta per non finire nel dimenticatoio della plastica mainstream; il suo disco sta in piedi senza magie, perché la canzoni sono belle e lei davvero diretta, e per questo ci piace.
ADRIANO MODICA, La memoria dell’acqua
Uno stile che ammicca chiaramente alla canzone di Gazzé per Modica, cantautore dotato comunque di una propria precipua qualità vocale e autorale che regala un nuovo interprete tutto da scoprire al venerdì d’uscite.
MARTA TENAGLIA, Peccato
Nome ormai ben consolidato e conosciuto, quello di Marta, sulla scena indipendente nazionale: “Peccato” conferma le aspettative con un brano che richiama con voluttà alla necessità di liberare le nostre ossessioni attraverso una ginnastica emotiva all’altezza dei nostri desideri.
CLAVDIO, Martedì Giovedì
Il timbro caldo di Clavdio torna con lancia in resta per conquistarsi una scena che lo ha guardato con ammirazione in concomitanza con la pubblicazione dei primi singoli: certo, da allora il progetto sembra essersi un po’ seduto su un piglio scanzonato che non rende ancora forse troppo onore alla complessità sfaccettata della personalità dell’artista, che filtra comunque in controluce attraverso le trame di una produzione forse un po’ “statica” e chiamata, nell’era del post-itpop.
GUIDOBONI, Glu (EP)
Mi piace molto Guidoboni, che possiede la fortuna di un timbro che rende tutto unico e originale grazie ad un’identità forte e tangibile: c’è dentro Vasco, c’è Silvestri, c’è sopratutto Dalla, c’è insomma tutta la musica che mi piace e che mi fa annoverare l’artista tra i nuovi nomi da tenere d’occhio per non morire di noia.
OMAR PEDRINI, Sospeso (album)
Volevate del rock’n’roll? E allora beccatevi il ritorno del principe dell’alternative-pop nazionale, con la solita spinta autorale genuina ed efficace a mostrare come le cose più fresche finiscono con il germogliare dalle solite zolle. Pedrini è un campo in fiore, nonostante le tempeste della vita e il rivoltarsi di tasche sempre più vuote, e sempre più desiderose di nuovi orizzonti.
MIKE ORANGE, Sensibile (album)
Otto tracce ben congegnate, utili a raccontare la spinta creativa di un’artista che nel tempo ha sputo migliorarsi in identità ed efficacia di sound, trovando la quadratura del cerchio nella pubblicazione di “Sensibile”: un disco che racconta un’intimità estremamente collettiva, capace di infilarsi tra le pieghe del cuore e accamparsi nella memoria di chi sa ancora ascoltare. Un ottima prova autorale, valorizzata da una crescita musicale davvero impressionante.
COLAPESCE, DIMARTINO, Considera
La coppia che scoppia torna ad esplodere prima dell’inizio dell’estate per regalare ai nostri ombrelloni alternative valide alle hit inutili della bella stagione: Colapesce e Dimartino mettono in piedi una ballata che richiama a tutti i mondi già esperiti dal duo, consolidando la natura dinamica e allo stesso tempo organica di un’identità forte, collettiva e capace di tenersi sempre in equilibrio tra chic e kitsch. Con un leggero retrogusto baustelliano.
BUONFORTE, Sogni da vendere
Ne ha eccome, di sogni da vendere, il cantautore umbro, che torna sulle scene dopo un lungo periodo di silenzio per ricordare a tutti come si può congiungere ricerca poetica e slancio pop: “Sogni da vendere” è un manifesto personale che racconta la delicatezza guerriera di una penna elegante, dotata di una voce capace di farsi megafono per la collettività.
BECA, Conchiglie (EP)
Beca è una delle mie ultime scoperte, e a prima vista (o ascolto) ho finito con l’innamorarmene: taglio genuino del cantautore per necessità che ama essere diretto e chiaro anche mentre sonda i suoi abissi più profondi, l’artista viareggino ha messo in campo (o meglio, in spiaggia) le sue migliori “Conchiglie”, che nascondo altrettante perle da scoprire.
TOKYO SUICIDE, Here and now
Non conoscevo il progetto prog dei Tokyo Suicide, ma nel giro di poco ho recuperato la loro discografia e posso dire con convinzione che “Here and now” rappresenta il passo giusto con il quale ri-presentarsi alla scena, dopo uno stop di qualche anno dalla pubblicazione del disco d’esordio della band. In più, la ballata esistenziale dei Tokyo ha trovato il supporto della mano di Derek Sherinian, uno che nella vita ha lavorato con gente del calibro di Dream Theater e Alice Cooper, insomma, non proprio l’ultimo degli arrivati. E se ha messo il suo timbro sui Tokyo, beh, un motivo ci sarà…
LiUK, Ti cerco sempre
Un brano d’amore che diventa confessione a denti stretti e insieme presupposto di rinascita: la potenza vocale di LiUK libera la forza catartica di una canzone che prova ad inseguire i desideri dell’autore rincorrendoli sui muri di ogni città, e rimbalzando da una radio all’altra grazie alla predisposizione pop dell’artista.
MAELSTROM, R.R. (album)
Che disco che ha tirato fuori Alessandro, cantautore giovanissimo ma che sembra avere già le idee chiare su cosa serva per non inabissarsi nella palude del nuovo pop: tornare a fondere ricerca poetica e slancio melodico, con una visione chiara e cristallina di una rotta di navigazione che porterà la sua musica al largo, eccome. Una tracklist da gustare canzone dopo canzone, per scoprire uno dei nuovi interpreti più interessanti della canzone d’autore nostrana.
CORTESE, L’estate del 2003
Un singolo che rotola da dio per Cortese, artista ormai conosciuto ai nostri lettori che si affida nuovamente a Molla per portare in alto mare una canzone che parla di amori perduti, nella forma di un biglietto nella bottiglia da affidare al destino.
ESTEBAN, Nuvola + sole
Piglio lo-fi in linea con la sua produzione passata per il nuovo singolo di Esteban, che dedica una piccola poesia semplice e diretta alle cose che lo fanno stare bene. Con naturalezza, e senza troppe pretese, come per il suo album. Piacevole.
UNFAUNO, Country Boy
Sonorità disco per Unfauno, che in “Country Boy” tira fuori una ballad per amanti della notte che si fa ascoltare e mette certamente la giusta spensieratezza in testa.
LA CHIAMATA D’EMERGENZA, Niente da dire
Sonorità quasi da film per LCDE, che raccontano il fascino della rassegnazione come strumento per superare le tempeste della vita, piegandoci ma non spezzandoci mai. La canzone è ben scritta, e la produzione comunque piacevole a prescindere da un mix che forse non esalta al meglio le qualità del progetto lasciando forse un po’ troppo inesplosa la forza detonante del singolo.
MONALISA, Konad
Ah, che buon rock quello dei Monalisa, che fanno a pugni con tutte le promesse che finiamo con il non mantenere e che vengono schiaffate in faccia all’ascoltatore a colpi di un groove che sale pian piano dal basso, come un gatto sornione che si stiracchia con calma ma allo stesso tempo tirando fuori le unghie.
ERRANIMO, Steps in the dark
Un inglese un po’ sporco ma efficace a far lievitare la spinta di un brano spensierato, che mescola elettronica e new-wave nella resa di una canzone decisamente rotolante: Erranimo si costruisce attorno un mondo che pare quasi cibernetico a tratti, e che lascia accendere le luci sulla vocalità dell’artista.
FABRIZIO MOZZILLO, L’ultimo Don Chisciotte
C’è tutta la visione del mondo di Fabrizio in questo brano, arricchito da sonorità che richiamano ai grandi nomi della canzone d’autore nostrana (Francesco Guccini e Claudio Lolli certamente su tutti): un’orchestrazione elegante, e capace di lasciar detonare la potenza esplosivo di un testo che innesca immagini incendiarie pur nella compassata nostalgia esistenzialista della penna di Mozzillo.
ONEIROI, Mania (EP)
Un canto personale e allo stesso tempo collettivo e generazionale per gli Oneiroi, che come in un sogno si muovono su sonorità e atmosfere sospese e capaci di evocare mondi distopici e sognanti, senza soluzione di continuità: un buon EP, che diventa terapeutico per chi ha bisogno di spurgare il veleno delle proprie manie.
BOHEMIAN KARMA, Saturday Night Pollution
Se Elton John il sabato sera era pronto per la battaglia, i BK finiscono invece col vomitare nel loro singolo d’esordio tutta la decadenza morale del weekend contemporaneo, sempre più svuotato dal desiderio e riempito invece dalla mania della moda e del divertimento coercitivo. Ottimo debutto.
SIX IMPOSSIBILE THINGS, Twenty Something
Che scoperta, le Sei Cose Impossibili, che con “Twenty Something” mi fanno venire in mente cose bellissime e certamente rare da trovare nel nostro amato e assurdo Belpaese: c’è una ricerca poetica ed espressiva che travalica i confini e le distanza linguistiche, regalando alla scena nazionale un prodotto (che prodotto nel senso commerciale non lo è affatto!) orgogliosamente poco italiano. Che rende orgoglioso anche me di essere italiano. Strano ragionamento eh? Ma fila, eccome.
MAVERIX, Sweet Alberta
C’è un po’ di country nello strano punk-rock dei Maverix, che si mettono in testa il cappello da cowboy per dar fuoco a tutti i campi della scena indie nazionale a colpi di distorsori e chitarre a metà tra il surf e il rockabilly. C’è un’alchimia speciale nei Maverix che esalta ancora di più lo slancio pop del progetto.
PONI BOI, Fame d’aria
Un asmatico come me poteva non avere curiosità nel premere play sul singolo d’esordio dei Poni Boi? Il piglio è quello del punk-pop di stampo British, con una buona penna a tenere in piedi un testo che si fa apprezzare per ironia e capacità di essere diretto e chiaro. La vocalità è quella giusta per ambire a palchi più importanti, se il progetto continua a crescere come ora ci si aspetta che possa fare.
CARTAPESTA, Coreografia
Che bella canzone quella dei Cartapesta, che mettono con delicatezza le dita su un pianoforte e lo fanno risuonare a tempo con un’intimità che diventa esplosiva e quasi generazionale; c’è una sorta di manifesto implicito in “Coreografia”, che lascia vibrare per simpatia le corde più profonde di tutti.
GIOSCINO, Sono Dio
Titolo importante e pretenzioso quello dei Gioscino, che intelaiano un testo evocativo, simbolico e capace di disegnare mondi con tocco divino e creatore: una chitarra solitaria prende corpo e rende ancora più etereo lo slancio sottile di una voce che sembra tenersi in equilibrio fra silenzio e caos, con un piglio rock che fa bene al cuore.
I DOLORI DEL GIOVANE WALTER, I dolori del Giovane Walter
Bella botta di poesia e racconto personale per Il Giovane Walter, che racconta i propri dolori (e un po’ quelli di tutti) in un disco che parte con calma ma esplode con decisione. Un ottima prova di identità per un progetto da tenere d’occhio.
COLOMBRE, CHIELLO, Adriatico
La coppia più esplosiva di questo weekend mette insieme due artisti che da anni collaborano e che rappresentano forse uno dei mix più riusciti degli ultimi tempi: “Adriatico” è una canzone estiva che, vedrete, continuerà a rilassarci anche d’inverno. E i due stanno davvero bene insieme!
BEMYNORTH, Anche se è buio
Buonissimo ritorno per il cantautore Bemynorth, che punta la sua bussola oltre tutto ciò che sembra avergli fatto male: “Anche se è buio” diventa così la somma riuscita di tutte le speranze di rinascite che l’artista ripone nelle sei corde della sua chitarra e nel respiro ritmato di un amore che non sa spegnersi mai.
ANDREA E LA SUA BANDA POLIMORFA, Franco Battiato che mi guarda dall’armadio
Trame fitte rette da sintetizzatori caldi come tizzoni ardenti per Andrea, che costruisce un mondo labirintico e complesso fatto di riferimenti di lusso e di una certa ipercelebralità che si schiude alla creazione quasi divina di un universo nascosto nell’armadio, con vista sulla musica del grande filosofo catanese.
MARSALI, Bouquet
Ama i fiori e le cose belle e delicate, Marsali, che sfodera di nuovo la penna dopo un silenzio durato troppo (per chi, come me, ama la sua musica) per raccontare di nuovo le sue paure con la voglia di lanciarsi in una sfrenata danza catartica capace di liberarla da maschere e convenzioni che non le stanno più bene addosso. Una somma di domande che si scioglie nella resa dolcissima di una canzone che diventa balsamo per l’anima.
PUSCIBAUA, Romeo
Che fenomeno Puscibua, che sound che riesce a trovare ad ogni nuova uscita, mantenendosi diverso e uguale nella resa di un’identità che non sa nascondersi né adattarsi a contenitori restrittivi e sminuenti. In un campionato che obbliga tutti ad essere zoppi per non far sentire “sbagliate” le sue star claudicanti, Puscibaua gioca da anni un altro torneo che lo fa correre libero per i prati della sua fantasia.