Baxter Dury torna finalmente con un nuovo album dopo aver pubblicato nel 2021 un libro dal titolo “Chaise Longue”, incredibilmente non ancora tradotto e pubblicato in Italia, un’ autobiografia nel quale racconta di se stesso e del rapporto che ha avuto con la madre e il famosissimo padre Ian Dury.
Un’infanzia in una famiglia che, per quanto non si potesse considerare anaffettiva, ha fatto vivere al piccolo Baxter una situazione particolare e bohemien, tra le stranezze del padre costantemente concentrato sul proprio successo e personaggi singolari tra i quali spiccava la figura di Pete Rush detto Sulphate Strangler che spesso gli faceva da tata.
Pete Rush in realtà era uno spacciatore incline alla rissa, un omone con un cespuglio di capelli che incuteva timore solo a guardarlo, è uno di quei personaggi secondari che hanno attraversato la storia della musica e che in un certo qual modo hanno rappresentato un periodo che non esiste più da molto tempo, ebbe a che fare anche con Freddie Mercury, Led Zeppelin e Boy George e morirà per infarto in carcere nel 1989.
Baxter Dury nei testi si porta dietro questo bagaglio e questi personaggi, in particolare la figura del padre che ha pesato nella sua carriera e nel suo tentativo di crearsene una propria, un cammino che oggi vede uscire il suo settimo album, un percorso validissimo nel quale non ha raccolto quanto merita ma che conferma quanto sia valida la sua proposta con questo delizioso “I Thought I Was Better Than You”.
In questo lavoro troviamo varie collaborazioni tra cui la solita incantevole Madelaine Hart, la cantautrice Eska, JGrrey, prossimo anche lui alla pubblicazione di un album, e anche il figlio ventenne Kosmo Dury che partecipa come coautore in alcuni ottimi pezzi nei quali sempre troviamo molti riferimenti al passato di Baxter, alla figura del padre e di come abbia condizionato la su carriera e ai vari personaggi che hanno animato il suo passato.
Un racconto sempre interessante e coinvolgente che viene mostrato tramite un sound che tra hip hop, RnB e post punk in realtà si muove in un mondo elegantemente pop, per un ascolto piacevole e coinvolgente.
Lo spoken di Baxter è assolutamente affascinate e l’inizio dell’album con “So Much Money”, quando chiede ai proprio genitori di dirgli chi sia, è diretto, vero e allo stesso tempo puramente simbolico, <<…Hey Mummy, Hey Daddy / Who am I?..>> a puntellare un tema che sembra non abbandonarlo.
Il lavoro è pieno di momenti brillanti, “Aylesbury Boy” è musicalmente riuscitissimo con un ritornello accattivante come il seguito “Celebrate Me” vera hit mancata, “Pale White Nissan” ti cattura e la sorprendente “Shadow” dove, anche con ironia, ricompare ancora la figura del padre come un peso che mai diventa leggero e fa sentire la sua influenza, mentre il coro gli canta volevi essere Frank Ocean ma inevitabilmente ti esprimi come Ian (..But no one will get over that you’re someone’s son / Even though you want to be like Frank Ocean / But you don’t sound like him / You sound just like Ian).
L’album è pieno di gemme e di letture anche musicali diverse rese ancora più brillanti da arrangiamenti e una produzione di altissimo livello, Baxter Dury con il settimo album sembra rinascere ancora una volta e realizza un lavoro che merita di essere ascoltato sia sul lato musicale che su quello dei testi, che scivola via con estrema eleganza e per me, che Baxter lo segue da parecchio, è uno dei suoi lavori migliori.
Se già lo conoscete e avete in passato ascoltato questo brillante autore allora non perdetevi questa nuova uscita, se invece lo avete ignorato fino ad ora è il momento di iniziare a scoprirlo proprio da questo delizioso “I Thought I Was Better Than You”.