Ce l’hanno fatta i The Wedding Present e dopo aver allietato tutto il 2022 pubblicando due nuovi brani al mese in formato singolo (ne avevamo parlato qui) a maggio 2023 hanno deciso di riunire il tutto in formato fisico (vinile e CD Deluxe) rendendo al contempo disponibili le ventiquattro tracce su tutte le piattaforme digitali con l’aggiunta di cinque bonus tracks,  in una compare persino Peter Solowka chitarrista originario dei Weddoes.

Credit: Jessica McMillan

Ordine amorevole e non cronologico quello della setlist curata e rivista da David Gedge che ha più volte ribadito quanto sia stato fondamentale l’arrivo in formazione di Jon Stewart degli Sleeper, della bassista  Melanie Howard e del batterista Nicholas Wellauer nella genesi di questo progetto che contiene alcuni dei migliori brani mai composti da The Wedding Present, Gedge dixit. Ha indubbiamente ragione, il livello mantenuto dalla band in queste due ore di musica ininterrotta è davvero alto.

L’impressione è che, concentrandosi su due brani per volta, i Weddoes abbiano avuto modo di rifinire e limare ogni dettaglio correndo una lunga maratona in piccole metodiche tappe. L’avevano già fatto con “Hit Parade” nel 1992, dimostrano di poterlo e saperlo fare di nuovo in barba agli anni passati, vissuti, portati con inusitata fierezza. Magistrale l’equilibrio raggiunto tra momenti più confidenziali come “That Would Only Happen In A Movie”, “Science Fiction”, “Summer”, “Astronomic” o “The Loneliest Time Of Year” e pezzi sfrenati, grintosi, adrenalinici.

Chitarre, chitarre e ancora chitarre in gran spolvero (“Memento Mori”, “Strike!”, “Monochrome”, “Plot Twist” la lista potrebbe continuare a lungo) ampiamente corredate da melodie (“Kerplunk!”docet) e quei refrain intelligenti, tenaci e mai banali che dalla penna di David Gedge sembrano uscire a profusione, senza sforzo apparente. “A Song From Under The Floorboards” o “You’re Just A Habit That I’m Trying To Break” (quest’ultima già presente in “Locked Down And Stripped Back”)  giusto per fare due  esempi sono brani che tante band indie vorrebbero scrivere o aver scritto.

Capitolo bonus tracks: la cover di “White Riot” dei Clash è poderosa, filologicamente perfetta, tesa il giusto; due recuperi da “Jump In, The Water’s Fine” del 2019 (il brano omonimo e “Panama”) un remix e dulcis in fundo “Teper My Hovorymo” con il già citato Peter Solowka alla chitarra in un western che fa da gustosissima sigla finale sancendo la vittoria.  Scusate il ritardo, alcune cose vanno godute in santa pace, “24 Songs: The Album” è una di queste.