Tornano a suonare in Italia anche i Black Country, New Road per un mini tour che tocca diverse città tra cui Bologna, Udine, Sestri Levante e soprattutto la loro prima volta in assoluto a Milano in quel del Magnolia che li ospita in questa sera infuocata di Luglio.
Il gruppo più bizzarro del mondo che dopo aver pubblicato due ottimi lavori, sono rimasti orfani del loro leader, quanto principale autore delle prime canzoni, Isaac Wood, che ha lasciato il collettivo sul più bello, per motivi di salute: hanno ricominciato con un repertorio rinnovato ed inedito, per altro non ancora licenziato nella sua forma più canonica ovvero un disco registrato e prodotto come si deve, semplicemente solo con un live, un’istantanea diretta e molto punk. Anzi inizialmente hanno fatto diversi concerti, tra cui anche l’apparizione al TOdays dello scorso anno, con materiale totalmente al buio per i tanti estimatori, che li seguono da tempo, poi, ragionevolmente, si trovavano versioni bootleg su Youtube, quindi la pubblicazione ufficiale quest’anno di “Live At Bush Hall“, sempre per Ninja Tune, a suggellare questo lungo periodo di attività live.
Perché da un anno a questa parte li vedi presenti praticamente ovunque, suonando la medesima setlist che poi, più o meno, è speculare alla scaletta del disco live in questione con l’aggiunta di un paio di inediti.
Venendo al concerto di oggi, serata difficile per la temperatura veramente insopportabile, sebbene stipatissimo è stato allestito il palco piccolo, quindi umidità più che raddoppiata.
Si inizia alle 21, 30 esatte per un’oretta e dieci di set, qualche problemino tecnico, ma il suono è più che buono; va detto che i Black country new road sono già una bella realtà che lascia l’impressione di essere ancora totalmente in work in progress, con il plauso di essersi, appunto, riorganizzati velocemente con credibilità e sincerità dopo le succitate vicissitudini, e non è cosa da poco.
L’ensemble è quello da big family in giro da diversi anni, anche con il vecchio moniker; il live fila via liscio tra sali scendi sonori, da segmenti minimali, magari di solo chitarra acustica e canto a suite strumentali corali, sono proprio un’orchestra underground che non bada a spese in ambito di ricerca, nessun dogma preconfezionato, agli strumenti più tradizionali si aggiungono sax, violino, un trittico di voci ad alternarsi, tanti ingredienti per una torta multicolore
Nonostante il genere totalmente free, ci sono già anche canzoni quasi da matrice singolo, sicuramente l’ouverture di “Up Song” fa parte di questo filotto, la beatlesiana “Across The Pond Friend” o la stessa “Dancers”, con risposta del nutrito di fedelissimi in un spontaneo sing-a-long.
Concerto breve ed intenso, sicuramente tra i più difficili della stagione, ma tutto sommato portato a casa.