Nonostante le ottime recensioni raccolte nel corso della loro ormai lunga carriera, gli statunitensi 1476 continuano a essere avvolti da una nube di mistero. Un alone di segretezza e misticismo che circonda persino la proposta musicale del gruppo di Salem che, dopo gli inizi fortemente improntati su sonorità acustiche, hanno spostato la loro attenzione su un’originale mescolanza di generi a base di post-rock, folk apocalittico, punk dal retrogusto celtico e metal dalle leggerissime venature black.
Il nuovo album “In Exile”, pur inserendosi nel medesimo solco tracciato sei anni fa dal fortunato “Our Season Draws Near”, rappresenta un’evoluzione stilistica importante per i 1476. Tutto suona ancor più maestoso, epico e intenso rispetto al passato. L’ex duo diventato quartetto esplora in lungo e in largo le potenzialità emo del suo personalissimo sound in un’opera complessa e articolata.
Il gruppo dà ampio risalto alla propria sensibilità in un disco decisamente ambizioso ma un po’ troppo carico di elementi. Per quanto riguarda composizione ed esecuzione dei brani, Robb Kavjian e soci mostrano capacità degne di artisti molto più blasonati di loro. Melodie ben cesellate, arrangiamenti curati nel minimo dettaglio e strumenti atipici impreziosiscono le sezioni di brani e le canzoni contraddistinte da arcane atmosfere folk (“Beyond The Meadows, Beyond The Moors”, “Where Are You?”).
Se i 1476 avessero deciso di mantenersi sul lineare e non divagare in maniera esagerata, prediligendo quindi soluzioni musicali non troppo elaborate ma comunque straordinariamente raffinate, tutto sarebbe andato alla grande. Ma la band ha preferito rimuovere ogni freno e abbandonarsi alla grandeur, regalandoci così un album lungo, faticoso e discretamente noioso che esplode di elementi superflui.
Fronzoli che hanno il grave demerito di accrescere ulteriormente la fastidiosa e stucchevole enfasi che grava come un macigno sulla musica di “In Exile”. Chiariamoci: il disco non è in alcun modo brutto. Ma quanta pesantezza! Il rischio è di affogare in questo oceano fatto di presunzione ed emozioni violente. Da ascoltare? Sì. Ma una volta sola potrebbe bastare.