Una cittadina adagiata, pacificamente, su una collina circondata dalle montagne, un palco posto ai piedi di un castello, rocce antiche intrise di storia e dell’amorevole calore del sole di Sicilia. Ogni cosa fa pensare che Calliope abbia scelto proprio questo luogo, proprio Castelbuono, come sua dimora eterna e definitiva, facendo sì che l’Ypsigrock diventi il prezioso momento dell’anno nel quale la musa si rileva ad un mondo folle, claustrofobico, impulsivo e, aldilà delle mode politiche passeggere, profondamente ingiusto, bellicoso e scorretto.
La bellezza del luogo si mescola, in maniera divina, con una line-up che, ogni anno, resta costantemente interessante, sorprendente, consistente e densa di spunti e di contributi. Elettronica dance e sperimentale, rimiche afro, grunge, post-punk, shoegaze, indie-rock attraversano, in maniera fluida, l’ingresso della piazza e si mescolano e confondono tra gli spettatori presenti, amplificando le loro emozioni e le loro percezioni e spronandoli verso un livello più alto, più intimo, più collettivo e più profondo di sensibilità, partecipazione, completamento ed empatia.
L’ambiente esterno resta confuso e contraddittorio, ma qui – in questa piazza – per quattro notti – risuona il nostro più nobile passato, si evoca quello che è il nostro futuro più luminoso e più confortante, mentre le diverse esibizioni sonore si susseguono, una dopo l’altra, rievocando le atmosfere magiche di altri luoghi, di altri storici festival, di altre fulgenti narrazioni musicali.
Ypsigrock si conferma un festival a misura d’uomo, le assurdità dei mega-pit e degli spazi divisivi che contraddistinguono i grandi eventi sono incubi lontani, perché ogni spazio della piazza è accessibile, è disponibile, è raggiungibile. La visione del palco è garantita ovunque, non è necessario rifugiarsi in freddi, artificiali e spesso inadeguati maxi-schermo, mentre lo sprezzante, vile e insensato utilizzo dei token è, fortunatamente, solamente un fantasma remoto.
L’Ypsigrock è il carnevale di Brixton che abbraccia il CBGB, è l’isola di Wight che spunta tra le isole Eolie, è lo spirito dorato di Syd Barrett tra i sentieri colorati del paese di Oz, è una dancehall di Berlino, è un cratere lunare, è una Madonna immortalata, per sempre, nella tela di Antonello da Messina, è una storia che affonda le sue radici nei miti greci, in un marinaio cartaginese che osserva il mare, in una legione romana che edifica, instancabilmente, strade e ponti, consapevole che arriveranno altri uomini, altre nazioni, altre narrazioni, altri idiomi, altre culture, ma, che, in realtà, si tratterà, sempre, di un’unica e inclusiva storia, quella umana, che questo festival – più di tanti altri – riesce a difendere, conservare e riproporre alle generazioni passate, presenti e future.