“Knebworth 22” è un ottimo live.
La voce di Liam Gallagher è in grandissima forma, il pubblico sembra ormai accogliere molte parti del suo repertorio solista con lo stesso adorante trasporto riservato ai classici degli Oasis, lo show è di quelli grossi ed altrettanto preziosi.
Due vette: “More Power”, che vive di quel coro magniloquente e però anche di altrettanta vulnerabilità; “Roll It Over”, inaspettato ripescaggio da “Standing On The Shoulder Of Giants” – una canzone non solo mai valorizzata ma, apprendiamo oggi, decisamente sottovalutata.
Doverosa menzione per una “Rock’n’Roll Star” prepotentemente dedicata a Bonehead, costretto a rinunciare a questi concerti per sottoporsi alle terapie necessarie a combattere un tumore alle tonsille (ora è ok).
Appunto “Knebworth 22” è un ottimo live, senza dubbio il migliore tra i tre pubblicati da Liam Gallagher fin qui.
O meglio: chiaramente Gallagher jr. è al comando della migliore cover band degli Oasis che ci sia in circolazione, l’unica che può vantare gli elementi da soli in grado di spostare ogni equilibrio – cioè la sua voce e la sua presenza scenica.
D’altra parte due serate da tutto esaurito in quel di Knebworth non sono un caso, non sono solo revival, non sono qualcosa – va detto – che come oggi Noel sarebbe in grado di fare, ammesso e non concesso che gli interessi.
Nonostante questo, nonostante ogni condivisibile entusiasmo, c’è un certo velo di tristezza nel vedere certi tentativi di Liam di rivivere (riscrivere? rileggere?) la storia: Knebworth oggi come allora, l’unplugged che non fu (e Hull), Bonehead quale fido scudiero.
Se invece si tratta di raccontarla di nuovo, per chi non c’era e per chi c’era ma non poteva, bene / benissimo così. Occorre però sempre ricordarsi, tutti quanti, che quella di Liam è (e non può essere altro che) una narrazione parziale.