Ripescare il secondo disco degli Starsailor nel giorno del suo ventennale significa riaprire il mai sopito dibattito su quanto debba influire la produzione precedente nel giudizio dell’ultimo lavoro di una band. “Silence Is Easy”, infatti, è uno degli esempi più azzeccati di buon album che però non regge il confronto con il meraviglioso predecessore (se non sapete di cosa sto parlando, filate immediatamente ad ascoltare “Love Is Here“, uscito due anni prima e celebrato adeguatamente su queste pagine in occasione dello steso anniversario).
È, quindi, giusto ritenere deludente un disco semplicemente perché è meno bello del capolavoro che lo ha preceduto? La discussione, come dicevo, è sempre aperta e la risposta alla domanda non è facile, nel senso che, ovviamente, si può rispondere no finché si vuole, ma al cuor non si comanda, e da chi ci aveva dato il massimo, vogliamo sempre il massimo, e se non ce l’abbiamo, ci sembra che non sia nemmeno stato raggiunto il minimo.
Così, per provare a capire come stanno le cose almeno in questo caso, ho fatto la cosa più ovvia, che però oggi si fa raramente, preferendo rimanere arroccati sulle proprie opinioni dell’epoca. Mi sono dedicato all’ascolto di “Silence Is Easy”, sperando di essere influenzato il meno possibile da “Love Is Here” e vedendo che effetto mi avrebbe fatto.
Parlando delle canzoni di “Love Is Here”, avevo scritto che “sono tutte meravigliose, tutte, e sì, sono anche coinvolgenti, commoventi, emozionanti, capaci di entrarti dentro e di farti tremare, piangere e sospirare“. Ecco, lo stesso non posso dire per i brani di questo disco, o almeno, non per tutti, visto che gli unici che hanno avuto questo effetto su di me sono stati “Some Of Us”, soprattutto sul finale, la title track e la conclusiva “Restless Heart”. Però, signori, questo è un ottimo disco, e se lo riascoltate ora, sarete d’accordo con me che avrebbe meritato molto di più rispetto all’accoglienza poco più che tiepida che ebbe allora.
Stiamo parlando di canzoni solidissime, con melodie ineccepibili, arrangiamenti importanti senza mai risultare pacchiani o fuori posto, e un’interpretazione vocale di prim’ordine. C’è anche un corretto equilibrio tra varietà e coerenza di fondo e l’evoluzione rispetto al primo disco, concettualmente, è credibile. La band era in un momento di buon successo ed era quindi normale che si allontanasse dall’introspezione con cui aveva iniziato a far musica, andando a realizzare una proposta più immediata e meno agrodolce. Non è che con questo disco gli Starsailor fossero diventati degli allegroni, ma certamente hanno assunto una veste meno tormentata.
Insomma, ci siamo un po’ tutti persi qualcosa all’epoca, nel non dare a “Silence Is Easy” la considerazione che merita. Io stesso, sempre nell’articolo celebrativo di “Love Is Here”, avevo scritto che, successivamente, gli Starsailor “non si sono più nemmeno avvicinati a questo capolavoro“, e mi sbagliavo, perché magari non siamo esattamente sullo stesso piano, però non c’è nemmeno tutta quella distanza che è sempre stata percepita. Approfittiamo, quindi, di questo ventennale per correggere la nostra prospettiva su un disco che si lascia ascoltare con gran piacere, oggi forse più che allora.
Pubblicazione: 15 settembre 2003
Genere: Post-Britpop, baroque pop
Lunghezza: 39:40
Label: EMI
Produttore: Danton Supple John Leckie Phil Spector
Tracklist:
Music Was Saved
Fidelity
Some of Us
Silence Is Easy
Telling Them
Shark Food
Bring My Love
White Dove
Four to the Floor
Born Again
Restless Heart