Il terzo album del quartetto di Pittsburgh è illuminato da una produzione professionale (Matt Schimelfenig che ha già lavorato con Spirit of the Beehive e the War on Drugs) e i suoni impreziositi dalle tecnologie di uno studio vero (The Bunk). I primi due album (“Gaadge” e “Yeah?“) furono una vera espressione del DIY che hanno però lasciato il segno: Mitch Delong, chitarrista e leader della band, ha saputo plasmare una solida base di fan diventando una leggenda per una generazione di studenti dei college di Pittsburgh.

Credit: Bandcamp

Originario di Erie (la storia di questa band si svolge, per ora, interamente in Pennsylvania), Delong iniziò il suo percorso musicale nel 2014 come solista per poi trasferirsi a Pittsburgh un paio di anni dopo, la città industriale nota anche come “steel city” per la massiccia produzione di acciaio, ormai un antico ricordo. Qui incontra vari musicisti, tra cui il polivalente Ethan Oliva che diventerà un elemento fisso della band e insieme ai suoi Barlow parteciperà alla registrazione dei setti brani che compongono il debutto (2018) di una band che ancora deve, di fatto, comporsi.
Registrato nella case di Ethan e Mitch, l’album “Yeah?” (2021) dà spazio anche a Nick Boston che con Mitch è il principale autore. La band trova la sua naturale forma concreta con Andy Yadeski (Little Angels e Sober Clones con Oliva) alla batteria. I ruoli non sono fissi, questi quattro artisti si destreggiano alla grande tra i vari strumenti.
“Somewhere Down Below” arriva dunque dopo un percorso decennale che ha unito musicisti con gusti e stili diversi (ben riscontrabili negli altri loro progetti) che hanno valorizzato l’album e le sue quattordici canzoni:
fluttua tra chitarre cupe e distorte dai riff melodici a muri di stampo shoegaze, da batteria scatenata a ritmi più delicati e soft con l’utilizzo anche di drum machine.
Il basso è essenziale ma mai scontato (ascoltate vi prego “No Go” per goderne l’impatto). Le voci mai urlate, con questo tono quasi rassegnato che mischia sentimenti di delusione e rabbia quasi controllata (ascolta la title track).
Questo disco non ama mettersi in mostra, anche dopo vari ascolti non puoi addomesticarlo ai tuoi sensi. E’ una raccolta di brani che con il tempo e l’ascolto diventeranno nostri ma non perderanno mai quel lato intimo e introverso che li caratterizza.