Venerdì scorso (13 ottobre) i Drums hanno pubblicato il sesto album in studio intitolato “Jonny”.
Jonathan Price, ufficialmente unico titolare del progetto dal 2016 anno in cui il chitarrista Jacob Graham ha abbandonato, ha recentemente rilasciato una lunga ed intima intervista a Rolling Stone Italia raccontando in particolare il sofferto percorso che, tra traumi, amori e terapia, lo ha portato a concepire questo nuovo lavoro, il terzo praticamente in veste solista.
Le riflessioni di Price partono proprio dagli esordi e da quei dischi che contenevano veri anthem pop-giovanilistici come “Let’s Go Surfing” e “Money”:
…ero un ragazzino quando abbiamo registrato il nostro primo album, un lavoro escapista, pieno di sogni. In qualche modo facendo quell’album stavo cercando di scappare da me. Tutta quella roba sulla spiaggia… a me nemmeno piace la spiaggia! (ride) È troppo calda, i miei occhi mi fanno male, non va bene per me! A quei tempi era come se stessi indossando un costume per poter raccontare certe storie. Con “Portamento” (uscito nel 2011, ndr) volevo invece ritornare a me, e questo è stato un processo portato avanti di album ad album fino ad oggi. E ad ogni disco penso: “Oddio, sono così aperto, onesto e vulnerabile”. Ma ora se riguardo a quei lavori penso che stessi ancora nascondendo tanto di me. Il disco precedente, “Brutalism” (2019), è stato il primo che ho scritto dopo aver iniziato terapia, per intenderci.
A sfiancare emotivamente e mentalmente l’artista arrivano poi i lunghi tour tra Stati Uniti ed Europa:
Sono una persona che vuole esperienze: sono nato in una famiglia molto povera e ho sempre dovuto farmi il mio culo per guadagnare abbastanza per sopravvivere. Il 97% degli altri musicisti (che conosco o meno) arrivano invece da famiglie benestanti e possono pensare: “Oh che bello, andiamo in tour” oppure “Oh che bello, non andiamo in tour e restiamo a casa a scrivere musica”. Hanno un livello di libertà che io non ho avuto per molto tempo e che mi ha costretto ad essere sempre in giro per poter aver i soldi necessari per incidere altri dischi. E questo mi ha portato ad una vita e ad un modo di vivere i tour monodimensionale. Spesso mi sono sentito un fantasma che girovagava per il mondo e sui palchi. E non sai quante amicizie ho perso o non sono riuscito a sviluppare come volessi perché non ero mai a casa.
Price confessa poi la positiva esperienza della terapia:
La terapia ha cambiato la mia vita. Ero nel caos. Mi deprimevo ogni volta che dovevo scrivere un nuovo disco perché probabilmente connettevo la creazione di nuova musica al fatto che avessi iniziato a scrivere canzoni per uscire dall’ambiente abusivo in cui sono cresciuto. La terapia mi ha aiutato a separare queste due cose. Ora mi sento una persona nuova, in una maniera che non avrei mai pensato. La terapia, la mia cucciola, la psilocibina, questa mia nuova casa isolata: tutto questo mi ha aiutato. Ma è un lusso, so che sfortunatamente questo non è possibile per tutti.
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