Uscito all’inizio dell’anno, il secondo album dei The Murder Capital da Dublino ha mostrato una band con una visione poetica e sonora già matura, capace di instillare in una algida creatura post-punk calde venature di cristallina bellezza e di quasi radioheaddiana estasi. Durante il concerto a cui abbiamo assistito nella sala di Largo Venue a Roma prevale però un approccio più crudo, potente e rumoroso (comunque senza strafare), che mostra la polpa pulsante delle composizioni dei cinque irlandesi, esibendo viscere e tensioni, emozioni a fior di pelle e febbrili palpitazioni romantiche.
La data romana di questo Clown’s Reflection Tour si apre con il nuovo singolo “Heart in a Hole”, che comincia a scaldare il pubblico con le sue pulsazioni avvolgenti. Sembra però solo una misurata introduzione rispetto alla vera miccia che accende il concerto, e cioè una versione tagliente come rasoi vittoriani di “More Is Less”. L’acustica rende il suono un po’ impastato, tuttavia non ci impedisce di godere della potenza geometrica e della drammaticità espressa sul palco dall’ensemble.
Si alternano così la vena esplosiva dei pezzi tratti dal primo ottimo “When I Have Fears” alla malinconia ombrosa delle canzoni del lavoro successivo, irrobustite da esecuzioni rotonde e roboanti, fino al finale tra dramma e redenzione, mentre appare vivido il calore e l’affetto tra folla e palco, vedi i fiori donati a pubblico dal frontman James McGovern – tra l’altro sorprendentemente controllato nel suo baritono serioso – e una maglia di Totti indossata dal cantante con fierezza e credibile simpatia, proprio durante gli ultimi minuti.
Lo show viene quindi sigillato da una versione meno estatica e più indocile di “A Thousand Lives” che apre alla doppietta-killer di “Don’t Cling to Life”/“Feeling Fades”, con tanto di stage diving finale di McGovern, che si dà in pasto al pubblico nel più classico dei rituali rock’n’roll.