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Se vi siete persi “Social Lubrication” delle Dream Wife, è decisamente ora di rimediare. Un disco arrabbiato, pieno di sarcasmo e voglia di rivoluzione. Un po’ dark, un po’ pungente, ma intriso di quella carica anti-machista che solo Rakel MjöllAlice Go Bella Podpadec riescono a dare. Ci siamo fatte una chiacchierata sui rischi dell’intelligenza artificiale, ricordi felici e spazi sicuri – in primis i loro concerti, tra cui, il 24 novembre, un’attesissima prima data in Italia.

Eccoci! Parliamo un po’ di “Social Lubrication”: qual è il ricordo più felice (o emozionante) che associate alla creazione di questo disco?
Alice: Abbiamo iniziato a scrivere questo disco in lockdown, durante la pandemia. Era davvero difficile, considerando anche che non potevamo suonare live. Penso che il primo spettacolo che siamo riuscite a fare dal vivo dopo quel periodo sia un momento molto emozionante, ci ha ricordato perché amiamo essere in una band e cosa significa condividere l’amore per la musica con altre persone. è stato un punto di svolta per tutto il processo di creazione del disco, tutto ha iniziato ad avere senso.

Rakel: Molte canzoni che avevamo scritto prima del live non sono finite nell’album, oltretutto. Abbiamo bisogno dell’energia dei nostri concerti e dei festival, ci dà una carica grandissima per la nostra scrittura. Non siamo il tipo di band che si ritira nei boschi in isolamento a scrivere – ci abbiamo provato, e il risultato è stato piuttosto malinconico! La maggior parte delle canzoni di “Social Lubrication” non a caso è nata durante il periodo del concerto, proprio grazie all’amore per la musica dal vivo e per la nostra community, la parte più parte di questa band.

E qual è la canzone che siete più orgogliose di suonare dal vivo?
Alice: Il primo brano dal nuovo album uscito a ottobre, “Leech”! Ogni volta che la suoniamo c’è un pezzo dove cantiamo fortissimo, ci divertiamo e basta, urliamo insieme, è un momento così potente, è una canzone che rende davvero dal vivo, più che in studio.

In precedenza avete affermato che questo album è un po’ un testamento al vostro viaggio; cosa ne penserebbero le voi stesse del passato? Le voi del primissimo EP del 2016, per dire?
Bella: Sarebbero fiere! Siamo cresciute un sacco, siamo più creative, più speranzose, con una visione più ampia delle cose. Siamo arrivate oltre ogni aspettativa, finora è stato un viaggio meraviglioso, sia tra noi come persone che come band. Stiamo andando davvero alla grande! 

Qualcosa che invece consigliereste alle voi stesse del passato?
Rakel: Divertitevi, non tutto deve essere preso così seriamente! Cioè, a volte ci vuole, ma non troppo. Quando abbiamo iniziato, Alice produceva e registrava il nostro EP, suo padre suonava la batteria, è iniziato tutto in modo semplice. Poi con nostra sorpresa il disco è andato bene in Regno Unito, e siamo state molto fortunate nell’aver trovato delle persone che ci volessero effettivamente far crescere. Ai tempi abbiamo seguito la nostra intuizione e abbiamo provato persone meravigliose in quest’etichetta [Lucky Number Music, ndr], sarebbe potuta andare molto, molto peggio – avevamo trovato un’altra etichetta che forse non aveva le migliori intenzioni per noi, non rispecchiava troppo i nostri valori e la visione di come volevamo crescere come artiste e persone.

Con quella in cui ci troviamo adesso abbiamo sempre l’ultima parola sulla parte creativa, che siano le canzoni, i video musicali, le persone con cui vogliamo lavorare. Siamo davvero felici di non essere finite con qualcuno che non rispecchiasse chi volevamo diventare. Guardandoci indietro, sono fiera di aver fatto una decisione così saggia a un’età così giovane, e sono ancora contenta del fatto che teniamo davvero a cuore quello che facciamo. Poi non saprei, “dormi di più”? Quello è sempre un buon consiglio (ride)

La musica può essere veicolo di messaggi importanti, però con l’avvento di TikTok e i reels ci sono diversi artisti che cercano di fare musica adatta a riempire quei 30 secondi di video con il puro scopo di diventare virali, andando in un certo modo a svilire quello che può essere il valore di una canzone. Come vi schierate in questa dualità?
Alice: La tecnologia è in cambiamento costante, tutti stanno ancora cercando di capirci qualcosa, non mi ci impanicherei troppo – giusto l’altro giorno stavamo parlando proprio di come tutte queste innovazioni cambino l’intero panorama musicale e il modo in cui si ascolta. Ovviamente utilizziamo i social, ma penso che la sensazione di un live non possa essere così facilmente replicata da un’intelligenza artificiale, ad esempio.

Rakel: Anche con il recente sciopero di scrittori a Hollywood ci abbiamo pensato su, a come molte persone abbiano paura che il loro lavoro potesse essere sostituito da un’intelligenza artificiale. Penso che però a queste tecnologie, per quanto siano in costante evoluzione, manchi tantissimo dell’esperienza umana, sia quella che puoi provare a un concerto dal punto di vista della scrittura. L’artista ci mette l’anima in ogni pezzo che crea, e ne crea a sua volta con la sua penna. Ritengo anche che sia fondamentale che gli artisti stiano combattendo per avere delle leggi riguardo l’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo creativo, è un mondo ancora nuovo e inesplorato ma gli artisti hanno bisogno di tutele – anche se, come ho detto, nulla può davvero replicare l’esperienza umana, il metterci l’anima e lavorarci su. 

Qual è il verso che più vi è rimasto nel cuore da questo disco? Il mio è “I’ve aborted this unsolicited advice”, da “Leech”.
Rakel: Molto interessante che tu abbia scelto proprio quello, è il verso con cui abbiamo iniziato questo tour! Penso sia un modo fantastico per iniziare un nostro concerto, è uno dei miei versi preferiti. “Leech” è stata davvero intensa da scrivere, penso che sceglierò proprio questa frase qui, e forse anche “Fuck those who call themselves a friend and don’t lift a finger”. Amo tutta “Leech”!

Potremmo dire in generale che “Leech” sia il vostro manifesto, praticamente. 
Alice: Assolutamente!

Parlando del vostro tour, cos’è che rende un vostro live esattamente vostro? 
Alice: Ormai è un po’ che giriamo suonando insieme, è un po’ come se fossimo una macchina ben oliata. Niente playback, tutta musica dal vivo, e questo lo rende doppiamente magico perché tutto quello che facciamo restà lì, in quei momenti, non è replicabile né sai mai cosa sta per succedere. Certo, sai che canzone devi suonare ma c’è un grande sentimento di libertà e voglia di tuffarsi nell’inaspettato e nel caos. I nostri concerti sono reali, sono viscerali.

“Remember me in the morning light / Remember none of the wrong just the right / Remember all the joy all the joy we gave / Remember that it paved the way” (“Remember Me”): come vorreste essere ricordate? 
Alice: Una cosa che amiamo vedere durante i nostri spettacoli sono le persone che magari non ci hanno mai visto live, e poi vengono a raccontarci di come lo abbiano sentito come uno spazio sicuro e tranquillo, dove si sono sentiti accettati e a loro agio. Spero riusciremo a far sentire tutti così durante il nostro tour, anche perché noi stesse crescendo non abbiamo avuto una cosa del genere, eravamo un po’ circondate da questa dominante energia macho. Se riuscissimo effettivamente a diventare artisti con cui potersi sentire al sicuro sarebbe un bel traguardo. 

Rakel: Sono d’accordo con Alice, è meraviglioso incontrare persone durante il tour, prima del concerto ma soprattutto dopo: cerchiamo sempre di presentarci fuori per fare autografi, sentire storie dei nostri fan – e ho sentito molto spesso anch’io di giovani fan che si sentono accettati dalla nostra musica, che magari ascoltandoci hanno iniziato ad accettare di essere queer e così via, o hanno trovato un sacco di amici. Uno dei migliori complimenti che ci possano fare è proprio la capacità di aver trovato una comunità in cui sentirsi al sicuro, in libertà, in mezzo a persone che accettano tutti così come sono.