Dopo la trilogia “New Age Norms” ed il conseguente tour di supporto, i Cold War Kids ritornano con un album – omonimo – dalle sonorità chiaramente jazz-funk che vanno a rimpinguare il già ricco campionario di generi della (ormai folta) discografia della band californiana. “Cold War Kids”, infatti, è un album dalle atmosfere briose, scanzonate, dove Nathan Willet e soci offrono il meglio di sé proprio nei pezzi più scatenati della tracklist.
Ascoltando i cori da cui è composto il ritornello di “Run Away With Me”, sembra quasi di essere ritornati ai tempi di quel “LA Divine”, sesto album in studio del gruppo statunitense, che tanto aveva impressionato pubblico ed addetti ai lavori. In “Double Life”, pezzo di apertura del disco, è la (bella) batteria di Joe Plummer a maramaldeggiare fra le note di un brano che mette subito le cose in chiaro riguardo al percorso sonoro intrapreso dai Cold.
“Toxic Mask” ed “Another Name”, invece, sono due tracce in cui è l’emotività a farla da padrona. La seconda, tra l’altro, potrebbe essere uscita da uno dei primi lavori di Ryan Tedder e dei suoi One Republic. Negli ultimi anni, sostanzialmente, i Cold War Kids hanno abbandonato un certo tipo di sound dal retrogusto indie, appannaggio di una musicalità che si affaccia – a volte in maniera decisamente spericolata – dalle parti del pop-rock da classifica. Come nel caso di “Blame” e del suo incedere contagioso che contiene più di un richiamo ai Bleachers di “Strange Desire”.
Ad ogni modo, “Cold War Kids” è un disco che si lascia ascoltare piacevolmente, anche se al netto di qualche passaggio che, talvolta, può risultare alquanto monotono o ripetitivo. Del resto, stiamo parlando di una band con più di un decennio sul groppone e che forse, nel corso del tempo, ha già sparato le sue cartucce migliori. Nei pezzi finali dell’album, comunque, il solido background musicale di Willet e compagni emerge in tutto il suo fragore.
“Betting On Us” e “Starring Role”, infatti, chiudono più che dignitosamente un album che non svetta particolarmente in quanto ad originalità e ricerca sonora, ma che conserva tutte quelle radici jazz-funk da dancefloor che hanno reso la band di Long Beach uno dei nomi più interessanti della scena musicale mondiale. In definitiva, i Cold War Kids hanno svolto il solito compitino. Ma con quel tocco di coerenza stilistica in più che ci fa aumentare di mezzo punto il loro voto in pagella.