E’ di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) lbiaa sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.
POSTINO, L’ordine delle cose (album)
Postino torna dopo aver annunciato un inaspettato ritiro qualche tempo fa, di fronte alla possibilità concretizzatasi di realizzare il suo vero sogno: diventare medico. Questo disco dimostra che la musica più che essere una scelta è una necessità, e che Postino non ha smesso di scrivere discrete canzoni.
FRANCESCO NAVA, Orfeo
Un progetto che continua a convincere sorprendendo, quello di Nava, che con “Orfeo” conferma quanto di buono, tanto di buono, fatto sentire fin qui: il personaggio mitologico diventa metafora e simbolo dell’uomo di oggi, perso nella ricerca di tutto ciò che ama, senza aver ancora compreso del tutto dove trovarlo. Ottimo sound e timbro più “espressivo” che mai.
AIDA, Frammenti
Mica male la spinta propulsiva degli Aida, che con un certo piglio rock alternative di inizio 2000 mettono in piedi una cavalcata dal giusto dosaggio di dinamite, che diverte e convince fin da primo ascolto per spensieratezza e allo stesso tempo giusta densità.
SUBSONICA, Adagio
Come sempre ottimi livelli di “riscrittura” dei propri standard per i Subsonica, che continuano nell’operazione di rivoluzione espressiva che ormai da qualche anno la band piemontese ha intrapreso riuscendo a riconquistare (se mai ce ne fosse stato bisogno) il proprio pubblico, allargandolo a nuovi adepti. “Adagio” rimanda ai tempi perduti di CCCP, CSI e PGR, con una propria dose di distopica potenza profetica.
PALINURUS, Canzoni perse
Un buon mix efficace tra canzone d’autore, mainstream e rock alternativo per Palinurus, progetto che non conoscevo ancora abbastanza ma che è riuscito a conquistarmi con semplicità ed efficacia. Il timbro, vocale e autorale, è quello giusto per collegare fra loro mondi profondi e distanti, apparentante inconciliabili. Bene.
BUONFORTE, Silhouette (album)
Su Gabriele, posso metterci la firma: è uno vero, con le idee chiare a sufficienza per sapere di non avere risposte in tasca, né di volerne offrire a qualcuno. Ma se siete alla ricerca di compagnia per i vostri dubbi esistenziali, se desiderate un fedele compagno capace di offrire una spalla (anche due) ai vostri inestricabili dubbi, se credete ancora che i dischi belli, ma belli davvero, siano quelli che pongono domande e non quelli che svendono qualunquiste risposte, allora questo è il disco che fa per voi. Ottimo esordio, per un cuore e una penna che meritano.
DIGIOVANNI, Resta ancora
Che dolcissima delicatezza, quella di Digiovanni, cantautore che rischia di diventare uno dei miei preferiti degli ultimi ultimi anni. Anche qui, la produzione di Andrea Pachetti riesce ad impreziosire la resa poetica di una penna e di un timbro che sembrano scesi da un’altra dimensione esistenziale e riflessiva: una carezza, che allo stesso tempo graffia l’anima con le unghie della malinconia.
MARONNA, Lumache (album)
Una buona scrittura per un timbro particolare, che necessita forse ancora di trovare la propria giusta dimensione estetica per potersi del tutto esaltare e valorizzare: l’elettronica estremamente pop del disco non priva tuttavia l’ascoltatore di alcuni momenti di intimità che emergono dalla penna a tratti davvero convincente di Maronna, progetto in crescita al quale certamente va dato il coraggio e il tempo di continuare ad elevarsi, e a migliorarsi. Comunque, un buonissimo lavoro.
CLAUDIO SCOZZAFAVA, Underscores Vol. 1 (album)
Un tripudio elettronico che lievita attraverso iniezioni di buon gusto e tradizione sperimentale, articolando i silenzi e le pause nel modo più espressivo possibile per restituire all’ascoltatore qualcosa che possiede lo stesso respiro del mare: Scozzafava mette insieme una suite sospesa fra “ambient” e “cinematico”, alla ricerca di un galleggiamento che non si privi di incursioni in profondità abissali, oscure e per questo dannatamente affascinanti.
SVEGLIAGINEVRA, Nessun dramma (album)
Un disco che conferma, per la terza volta, la forte capacità della penna di La Clinica Dischi di essere una delle più ispirate firme della nostra contemporaneità: un concentrato di leggerezza pop che non si priva di incursioni profonde e poetiche nelle disperazioni e nelle gioie comuni. Un viatico perfetto per superare il maltempo, ma anche per godersi gli sprazzi di sole che la vita sa offrire.
YASSMINE JABRANE, Lady D
Un ritorno sentimentale e allo stesso tempo politico per un’artista che ha fatto dell’educazione sentimentale (in questi duri tempi di attualità) il principio portante della propria ricerca estetica ed umana: “Lady D” porta il nome di una grande donna, per guidare la rinascita di una sensibilità che deve passare attraverso il superamento di dogmi e ataviche paure. Il tutto, con un sound al quale l’Italia non può che star stretta.
DENA BARRETT, Immobili a ballare (album)
Un lavoro denso, costruito attorno alla potenza di un titolo che diventa dichiarazione d’intenti: i Dena Barrett hanno una forte capacità di evocare dilemmi generazionali che si incastrano nello stomaco, prima che nelle orecchie e nel cuore; una tracklist di colpi bassi che aiutano a rialzare la testa, a guardare il cielo e, perché no, a provare a ballare. Anche da fermi.
GIANLUCA DE RUBERTIS, Era già tutto previsto
Solita profondità oracolare, quasi profetica, per uno dei cantautori più interessanti del 2000: De Rubertis apre lo spiraglio sulle solite insicurezze di tutti mostrando il cuore, il suo, più rosso che mai.
FLORIDI, Domeniche da inventare (album)
Floridi è un talento che non smetterò mai di considerare ingiustamente fin troppo “adombrato” da un mercato che vive a luci spente, per far brillare nell’oscurità pezzi di vetro che di prezioso, e luminoso, hanno ben poco; le perle rischiano così di rimanere nascoste, e il talento di irrigidirsi nella rassegnazione: quest’album è il segno di una resistenza che Luca deve portare avanti, per il suo pubblico e per tutte le perle nascoste come lui.
DIODATO, Così speciale (album)
Ormai, su Diodato c’è poco da dire. Il vincitore di qualche Sanremo fa (uno dei pochi, nella storia recente del festival, ad aver vinto con una canzone davvero meritevole) torna con un disco che mescola lacrime e sudore a ferite aperte e mai richiuse: un inno fragile e possente che s’incastra nel cuore sin dal primo ascolto.
LA SANTERIA, Contro il desiderio
Un brano coriaceo, che arriva dritto nello stomaco scomodando (e a ragion veduta) pensieri filosofici di un certo calibro. Senza “sfigurare” ma piuttosto impreziosendo la ricercatezza post-rock del linguaggio, e del contenuto.
ELIANA, Irrazionale
Una scrittura fluida, che riesce ad unire ironia e capacità evocativa di parlare a tutti attraverso immagini sensate ed efficaci a raccontare una contemporaneità generazionale.
VALENTINA LUPI, Madre non madre
Che bel disco, quello della Lupi, figura non proprio nuova della scena nazionale, che conferma uno storico di tutto rispetto che meriterebbe maggior attenzione da parte del contesto discografico. Una tracklist intima e personale, che racconta l’attualità emotiva di Valentina – in perfetta assonanza con quella di tutti.
ERAÈMME, Cinque rintocchi
Ottimo esordio, supportato da una produzione semplice ma efficace a reggere l’emotività di una scrittura da valorizzare. Una canzone d’amore che fa crescere dentro una malinconia dalla quale ci si libera poco volentieri.
CANCE, Dolce Venere
Che bella voce che ha Giulia, capace di mantenersi in equilibrio tra una dolcezza carezzevole e un piglio profondo, cantautorale, che moltiplica i significati di un brano pop, ma dotato di numerosi livelli di godimento. Leggero, ma non superficiale.
UNFAUNO, Oggi
Mi piace molto il sound di UNFAUNO, che in “Oggi” mette in piedi una ballata dotata di un’ottima tenerezza e di una scrittura efficace a valorizzare il talento poetico del cantautore. Da rivedere, forse, l’interpretazione vocale per esaltare ancora di più il coefficiente qualitativo del tutto.
ALTEA, Funziona così
Un po’ Tame Impala, un po’ diva pop, un po’ cantautrice: c’è di tutto dentro il nuovo singolo di Altea, che mescola le carte per tirarne fuori un mazzo nuovo, scarmigliato dalle ferite di un amore perduto e allo stesso tempo rimasto incastrato tra le pieghe del cuore. E di un voce notevole.
GIANLUCA SULLI GROUP, CRISTINA RENZETTI, Analogia
Una delicatezza disarmante, evocativa, che si muove in punta di dita su una collaborazione riuscita dal respiro vagamente morriconiano; certamente, la lingua e la poesia di Saramago aiutano ad emigrare per un momento fuori dai confini nazionali, senza perdere il fascino cinematico tutto italiano del brano.
KAMA, Dalla certezza alla puodarsità
Che brano particolare, imprevisto, quello di Kama: finalmente! C’è una vaga reminiscenza del cantautorato di fine anni Novanta, mescolato ad una resa elettronica minimale, ma efficace, e all’hip hop old school. Insomma, un melpot che si arricchisce di un’aura filosofica mica male.
ERROR 404, Indispensabile
Un po’ di sano pop-punk che si fa godere fin da primo ascolto accompagnando l’ascoltatore in un clima adolescenziale che compiace e piace.
HYNDACO, No ball games
Ottimo piglio brit rock, con tinte spinte quasi occhieggianti al post-rock, per gli Hyndaco, che danno alla loro musica una marcia in più attraverso una tracklist densa di riferimenti e di buon gusto. Un ottimo modo per prendere il weekend nel giusto modo: con una raffica di distorsioni dritte nello stomaco.
ELMOOR, Possibilities
Echi di new-age come si deve per Elmoor, che naviga a vista tra Joy Division, Depeche Mode, The Smiths e tanta sana voglia di spaccare tutto con una buona dose di malinconia nelle vene.
GATE66, ELENA CATANEO, La tecnica del doppio
Un lavoro niente male per una collaborazione che pare davvero riuscita: il brano è un passo a due che si muove su una ritmica quasi trap, ma con la dolcezza del pop vecchia scuola. C’è anche un tromba che si muove nell’invisibilità della notte, dando al tutto un colore jazzy niente male.
CASABLANCA, Non solo qui ed ora
Non conoscevo Casablanca ma conosco Novecento, e mi sento dire che l’accoppiata qui non è niente male: c’è una magia che respira a pieni polmoni attraverso la tracklist densa ed emotiva di un lavoro etereo, che sfiora la punta dell’Everest per trovare lo slancio giusto per il volo, verso profondità nuove. Molto fresco, e decisamente cool.
IL SOGNO DELLA CRISALIDE, Le tue scuse
Indie vecchia scuola, con incursioni baustelliane che riescono a restituire all’ironia della canzone una patinatura intellettuale che riesce a ben fotografare il disagio del nostro tempo, facendo ridere, ma anche un po’ riflettere. Un po’ tanto.
SAL RINELLA E LE PALLOTTOLE, Storie, dubbi e nicotina
Un ottimo pop-punk che diverte e permette ai neuroni di svegliarsi a colpi di distorsore e ritmiche decise e sparate dritte come un fuso: c’è tanta voglia di spaccare il mondo, nel nuovo disco di Sal Rinella, ma anche di andare a fondo con tutto ciò che non ci piace, e non riusciamo più a sopportare. Il tutto, supportato da un’ottima penna.
ELNOIR, Hades
Un brano che si muove su tinte fosche, cupe e quasi distopiche: la voce è perfetta per muoversi in questa nuvola di fumo. Una canzone riuscita che riesce ad evocare incubi affascinanti.
MIRKOEILCANE, La musica contemporanea mi butta giù (album)
Uno dei principali nomi del nuovo cantautorato torna finalmente con un disco che ricorda la poesia battiatesca, in direzione ostinata contraria rispetto ad una musica contemporanea che non riesce proprio a tirarci più su. Una tracklists infiammata d’amore e violenza poetica, sospesa tra tra le reminiscenze del passato e una sotterranea tensione verso il futuro: quello della canzone d’autore nostrana.
EUGENIO IN VIA DI GIOIA, Stormi
Un brano che sa di nuovo inno generazionale, capace di raccontare la contemporaneità con il solito piglio ironico e leggero tipico di chi sa andare in profondità. Il ritorno degli Eugenio è qualcosa che fa bene come sempre al cuore della discografia nazionale, fin troppo ammalato di mediocrità.
IL CONTE BIAGIO, Ancora un po’
Oramai l’avrete capito che per il Conte Biagio ho un mio personale debole: perfetto punto d’incontro fra tradizione cantautorale e nuove forme di ricerca popolare che non temono di contaminarsi con linguaggi altri. Anche in questo singolo una buona dose di follia si mescola ad una ricerca melodica che non smette mai di stupire, convincendo sin da primo ascolto.
OMAR PEDRINI, Dolce Maria
Singolo estratto dall’ultimo disco, “Dolce Maria” suona come una preghiera che assomiglia ad uno sfogo liberatorio con gli occhi puntati verso l’alto e allo stesso tempo in direzione del basso ventre: Omar Pedrini si conferma il cantautore più rock della tradizione contemporanea, continuando ad offrire alle nuove generazioni spunti ispiranti capaci di allontanare da falsi idoli per riavvicinare alla sana e vera idea di “alternative”.
MICHELE BRAVI, Odio
Un brano che sa di carezza e allo stesso tempo pugnalata che si incastra nel cuore: è impossibile scindere la musica di Michele da risvolti traumatici della sua vita recente, ma “Odio” continua a confermare il ruolo fortemente terapeutico che la musica può svolgere per ognuno di noi. A maggior ragione, se abbiamo talento da vendere al punto da trasformare la nostra medicina in qualcosa di utile anche agli altri.
BLUEM, Carmina XVII
Una chicca, di quelle vere, che torna a rievocare le sonorità di “Lunedì”, il primo, sconvolgente singolo di BLUEM, capace di conquistare pubblico e addetti al settore fin dal primo ascolto. L’atmosfera distopica è la medesima, la produzione spinge anche di più.
SVETLANAS, PUNKREAS, La ballata del terrorista
Un lanciafiamme sparato a tutto gas lungo le vie della nuova discografia, per ricordare a tutti cosa significa essere davvero indipendenti (Ed esserlo da tempo): “La ballata del terrorista” è una bomba incendiaria che ricorda a tutti che un’alternativa è sempre possibile, basta avere il coraggio di incarnarla.
VARANASI, Cattedrali per principianti
Varanasi vince il titolo di miglior titolo (ops: perdonerete la ripetizione) del weekend: “Cattedrali per principianti” è una confessione personale che diventa collettiva nel fare la conta delle occasioni perse, dei castelli in aria costruiti su paura antiche che non smettono mai di crollarci addosso. Terapia per ferite aperte.