10. PROTOMARTYR
Formal growth in the desert
[ Domino Rec. ]
La nostra recensione

Album dopo album , la solida corazzata di Detroit torna a fare ribollire i nostri malumori, il malinconico sapore amaro delle delusioni, l’incedere della rabbia rappresa che il personalissimo post punk di questi fuoriclasse ogni volta fa riemergere con la potenza di una inevitabile calamita.

9. EMMA TRICCA
Aspirin Sun
[ Bella Union ]
La nostra recensione

Un album che si snoda verso una coralità da un nucleo di una band risolta al minimo, che lascia la traccia di ispirazione folk seventies per aprirsi verso territori liberi e affascinanti, come se ci fosse ancora spazio ed autenticità in semplici e magiche escursioni in una musica che da decenni ci appartiene.

8. SWANS
The Beggar
[ Young God Rec. ]
La nostra recensione

Forse al cospetto dell’ultima (s)volta, Michael Gira sembra tracciare le linee di un epitaffio sfarzoso che assembla con il più lungo brano mai scritto assieme alle più melodiche canzoni mai composte dagli Swans , dove l’intensità del gesto musicale inchioda come sempre l’ascoltatore trasportato dentro la ricerca del mistero.

7. CAROLINE POLACHEK
Desire, I want to turn into you
[ The Orchard ]
La nostra recensione

La sensazione di avere a che fare con una predestinata nel difficilissimo compito di assumere al ruolo di pop star, dentro canoni che da decenni vivono di copie sbiadite, con una verve ed uno stile già riconoscibilissimo, senza sbavature, semplice ad ancora candido, speriamo per molto.

6. L’RAIN
I killed your dog
[ Mexican Summer ]

Al terzo album L’Rain si scopre sempre più vicina all’obiettivo, come se le sue linee musicali di un ambito celestiale solo a lei definito, riuscissero a collimare con un senso di organicità condivisibile, in un album di una classe superiore, libero e fluttuante nella sua organica indefinibilità.

5. PJ HARVEY
I inside the old year dying 
[ Partisan Records ]
La nostra recensione

Un album di stravolgente effimera bellezza, sfuggente come lampi che scivolano via senza scampo, in un contesto con una base folk antica che ogni tanto fa capolino ai piaceri rock di un tempo, per un insieme non lascia mai indifferenti al contatto di tanto talento.

4. BAR ITALIA
Tracey Denim
[ Matador Records ]
La nostra recensione

L’esordio più travolgente dell’anno con ben due album che nell’insieme proiettano i 3 eterogenei londinesi già su un piedistallo dove trovare i Sonic Youth meno rumorosi, certo slackerismo Pavement accompagnati da una freschezza giovanile già esperta, con effetto di transfert temporale di allucinante velocità.

3. FEVER RAY
Radical Romantics
[ Rabid Records ]
La nostra recensione

Il radicalismo tribale in musica di chi non sa nascondersi, l’umore travolgente e senza filtri di Karin in un pugno di canzoni irresistibili che trasudano in ogni brano vita vera. Se non bastasse c’è anche il contributo di tale Trent Reznor

2. ONEOHTRIX POINT NEVER
Again
[ Warp ]
La nostra recensione

Un album che sfreccia su livelli pericolosi e pronto a schiantarsi diverse volte, ma che è e rimane una meraviglia, capace di esaltarsi ripetutamente, disposto a genuflettersi verso il potere della musica che macina se stessa attraverso 30 anni di virtuosismi tecnologici, in un vortice che travolge tutto e porta inevitabilmente alla partenza.

1. YO LA TENGO
This stupid world
[ Matador ]
La nostra recensione

Quasi la perfezione del concetto di indie music, ogni canzone al posto giusto, ogni cosa dentro ogni canzone al posto giusto, come se la band avesse una familiarità innata con la semplicità invece che con il frutto di un’esperienza che si rinnova da decenni in forme esemplari.