10. METALLICA
72 Seasons
[ Blackened ]
La nostra recensione
In realtà questo nuovo album dei Metallica, a esclusione di una manciata di brani, non mi ha fatto impazzire per nulla. Ma per mesi e mesi l’ho sentito a ripetizione quindi non avrebbe avuto alcun senso lasciarlo fuori dalla classifica.
9. FILTER
The Algorithm
[ Golden Robot Records ]
Il 2023 non sarà ricordato come l’anno dei Filter ma è stato sicuramente bello rivederli tornare sulle scene a sette anni di distanza da “Crazy Eyes”. Richard Patrick continua a essere un maestro per quanto riguarda l’industrial rock più coinvolgente e accessibile e le undici canzoni di “The Algorithm” non mi sono dispiaciute. Nulla di indimenticabile ma, come nel caso dei Metallica, ha contato il numero di ascolti effettuati.
8. THE CHURCH
The Hypnogogue
[ Communicating Vessels ]
La nostra recensione
Il 26° album dei Church non rappresenta solo una semplice raccolta di canzoni, ma è un vero e proprio concept che permette alla band di Steve Kilbey di mostrarci tutto il potenziale di un guitar pop/rock psichedelico che continua a stupire per la sua grandissima classe. In questo disco c’è una delle mie canzoni preferite in assoluto del 2023, ovvero “Aerodrome”.
7. QUEENS OF THE STONE AGE
In Times New Roman…
[ Matador Records ]
La nostra recensione
Di certo non è il miglior disco mai pubblicato da Josh Homme e compagni ma anche “In Times New Roman…” ha il suo perché. Un ascolto che mi ha accompagnato nel corso di tutta l’estate 2023 con canzoni da me assai apprezzate come “Obscenery”, “Paper Machete”, “Made To Parade” e “What The Peephole Say”.
6. GRRRL GANG
Spunky!
[ Green Island Music / Trapped Animal Records ]
La nostra recensione
Come altri album da questa posizione in su, “Spunky!” degli indonesiani Grrrl Gang rappresenta una delle tante belle sorprese segnalate dall’espertissimo collega Riccardo Cavrioli cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti. Questo disco è un ottimo esempio di power pop fresco e giovane, stilisticamente vicino ai più nobili modelli degli anni ’90. Melodie scoppiettanti e chitarre ultra-distorte, sempre e costantemente sul filo del feedback, sono i perni attorno ai quali ruotano canzoni estremamente orecchiabili e di grandissimo impatto.
5. GODFLESH
Purge
[ Avalanche Recordings ]
La nostra recensione
Nulla di nuovo sotto il sole in casa Godflesh. Con “Purge” non riescono a ripetere il mezzo miracolo di “Post Self” che, nell’ormai lontano 2017, conquistò la prima posizione della mia personalissima classifica di fine anno. Ma a me l’industrial metal della premiata ditta Justin Broadrick – G. C. Green piace da impazzire anche quando non esprime nulla di realmente innovativo. “Land Lord” è una delle canzoni che ha segnato il mio 2023.
4. NAKED LUNGS
Doomscroll
[ Naked Lungs / Independent ]
La nostra recensione
Non filtra neppure un filo di luce nel noise punk oscuro e pesante degli irlandesi Naked Lungs, a modo loro eredi dell’energia degli Idles, dell’intensità dei Metz e della ferocia dei Chat Pile. Dall’incontro/scontro tra influenze moderne e antiche (si avvertono, come è normale che sia, echi dei maestri Jesus Lizard) nasce un sound estremamente potente, profondo e dinamico, nel quale è la chitarra elettrica a ritagliarsi il ruolo di protagonista. Nella speranza che in futuro riescano a ottenere le attenzioni che meritano, consiglio l’ascolto del brano “River (Down)”.
3. FLOODING
Silhouette Machine
[ Flooding ]
La nostra recensione
Grandi aspettative per il futuro dei Flooding, una giovane band statunitense guidata dalla cantante e chitarrista Rose Brown. Il gruppo ci propone un bel post-rock cupo e deprimente, arricchito da una marea di elementi “alieni” (si avvertono in maniera chiara influenze sludge metal, post-hardcore, grunge, shoegaze, slowcore e noise). Si tratta di musica intensa e viscerale, costruita in modo tale da lasciare un segno profondo nell’ascoltatore.
2. DROP NINETEENS
Hard Light
[ Wharf Cat ]
La nostra recensione
Nel 2023 gli statunitensi Drop Nineteens sono tornati a produrre nuova musica a 30 anni esatti di distanza dall’uscita di “National Coma”, il loro canto del cigno prima dello scioglimento datato 1995. Una resurrezione inattesa ma fortunata perché “Hard Light”, che pure è stato accolto in maniera alquanto tiepida, è un album solido e convincente, completo nel suo riuscire a mettere in luce tutte le caratteristiche di un gruppo ingiustamente costretto a vivere all’ombra dei giganti dello shoegaze britannico.
1. JEFF ROSENSTOCK
Hellmode
[ Polyvinyl ]
La nostra recensione
“Hellmode” di Jeff Rosenstock è un bellissimo mostro mutante, in bilico tra pop punk e power pop, che viaggia a briglie sciolte. Le canzoni trasudano rabbia, delusione, ansia e sfiducia nel futuro e sono caratterizzate da un sound unico, orecchiabile e al tempo stesso complesso, totalmente privo di limiti autoimposti. Rosenstock recupera le lezioni di Weezer, Green Day, NOFX e The Muffs per dar forma a qualcosa di innovativo ma non spiazzante. Un bel mix tra l’energia del punk e la raffinatezza di un pop mai così maturo (ma ancora sanguigno).