Ci mette ben quattro puntate questa sesta e ultima stagione a liberarsi del male che affligge questa serie da una buona stagione e mezza: Diana. Le mossette della Debicki avevano ormai rosicchiato il minutaggio di tutti gli altri interpreti, anche della stessa Lilibeth, ribaltando temporaneamente uno dei punti di forza della serie, ovvero il punto di vista distaccato, ormai obsoleto, della corona.
Poi fortunatamente, come da copione, quella tragica notte di Parigi con Dodi e… la serie ritorna sui suoi austeri binari a mostrarci il tramonto dei Windsor, incapaci di rinunciare a un po’ di mistero reale anche a fronte dell’ascesa verticale di Tony Blair e al crescente e registrato disappunto dei cittadini britannici verso un’istituzione logora e tracotante.
Siamo a cavallo tra gli anni 90 e il nuovo millennio, quindi gli episodi al college del giovane Will ci versano addosso un bel po’ di tardissimo britpop, rock alternativo dell’epoca e rave. La messinscena, quella si sempre reale (nel senso di Royal) conta su costumi accuratissimi e glamour, location mozzafiato e interni ricostruti con dovizia di particolari, nonchè su registi televisivi e non affermati – tra i quali Stephen Daldry chiamato a dirigere l’ultimo episodio della serie, così come fece con il pilot.
Come quasi sempre l’episodio più bello è quello dedicato a Margaret, egregiamente portata ai suoi ultimi giorni da Lesley Manville. Buoni seppur un po’ ai margini Dominic West e Jonathan Price, che davvero buca lo schermo con la sua classe infinita e il real distacco di Philip. Ineccepibile la Staunton.
Molto bello l’episodio finale, giustamente non aggiornato alla recente dipartita della monarca, ma realizzato così come era stato pensato originariamente.