Ci sono voluti trent’anni per vedere la band di York prima in classifica in UK, momento che segna dunque una vera e propria rinascita per i Shed Seven. Da sempre collocata in una sorta di “b-side” del dirompente filone britpop di prima fascia composto da Suede, Blur, Pulp e Oasis, la compagine di Rick Witter, Paul Banks e soci da tempo oramai si è scrollata di dosso la nomea di epigoni degli Smiths per vivere una nuova era in parte già iniziata con il buon precedente “Instant Pleasures” del 2017 (che debuttò all’ottava posizione della UK Album Chart).
In effetti, il trittico di partenza del nuovo disco affidato al punk rock di “Let’s Go”, alle sonorità raggianti d’annata di “Kissing California” e al pop melodico e ruffiano di “Talk Of The Town” vuole mettere le cose subito in chiaro indirizzando l’ascolto verso un piglio che sarà decisamente earworm per la maggior parte della tracklist.
Certo, i tratti tipici del britpop sono lontani in “A Matter Of Time”, ma gli “Sheds” ad oggi non sembrano aver intrapreso derive synth-pop cercando invece di rimanere coerenti e ancorati al proprio background apportando semmai innovazioni poppy, come nell’irresistibile “In Ecstasy”, che vede il featuring di Rowetta degli Happy Mondays o come nella vigorosa e accattivante “Real Love”, entrambe di matrice power pop di The Kooks memoria.
Nonostante la scrittura di Witter si concentri su temi non sempre sobri come l’ornitologia, il sesso, la droga e lo stalking, il climax dell’album rimane faceto e accessibile in ragione delle sonorità immediate e dirette che si riflettono non solo in episodi catchy come “Ring The Changes”, ma anche nei momenti malinconici e incantati di “Starlings”, scandita da un delizioso pianoforte che segna probabilmente il momento più britpop del disco, oppure in quelli solenni di “Let’s Go Dancing”, che si piazza tra le migliori del lavoro.
Rimasti orfani di due membri storici, il batterista Alan Leach e il chitarrista/tastierista Joe Johnson, Rick e Paul si sono rintanati tra marzo e dicembre 2022 nelle loro case per iniziare le sessioni iniziali il cui risultato veniva inviato ai nuovi membri Robert ‘Maxi’ Maxfield (ex batterista degli Audioweb/Ian Brown) e Tim Wills per poi giungere alla corte di Youth in Spagna nello studio Space Mountain, dove “A Matter Of Time” veniva finalizzato.
“Con questo album siamo tornati ai nostri primi anni” dice Witter. “Prima che uscisse il primo album degli Stone Roses, Paul e io ascoltavamo Frankies Goes To Hollywood e i Duran Duran. Paul adorava moltissimo i Simple Minds e io amavo gli U2 nel periodo di ‘Joshua Tree’. Quasi senza discuterne, penso che siamo tornati alla nostra giovinezza”. Banks è d’accordo, sottolineando che il modo in cui l’album è stato scritto a distanza era simile al modo in cui lui e Witter scrivevano canzoni all’età di 12 anni, utilizzando una macchina a quattro tracce a casa di Banks. “Siamo tornati alle nostre radici” dice, “in un certo senso abbiamo riscoperto noi stessi”.
Oltre alla già citata Rowetta, il full-length vanta la collaborazione di altri pezzi da novanta come Laura McClure dei Reverend and The Makers presente nella ballata semi acustica “Tripping With You” e Peter Doherty che compare nella bellissima traccia di chiusura “Throwaways” che evoca note alla The Verve. “A Matter Of Time” segna insomma il più che gradito ritorno di una band in piena forma che convincerà i vecchi fan e si farà apprezzare dalle next gen.