La fine può essere un’illusione, significare semplicemente un nuovo inizio. Questo è il cardine, il fulcro del nuovo album dei Soviet Malpensa che sono ripartiti da zero dopo aver registrato un buon numero di brani tra il 2020 e il 2021, decidendo di conservarne solo una minima parte, aggiungendo nuove idee poi affidate a Andrea “Sollo” Sologni dei Gazebo Penguins e Lorenzo Borgatti a produzione, mix e mastering.

Credit: Massimo Montorfano

L’urgenza ritmica e compositiva degli otto brani che sono stati scelti per andare a formare il disco ha un qualcosa di liberatorio, come rivela la band lombarda parlando di battaglie quotidiane e inviti ad inseguire le proprie aspirazioni senza avere paura di chi o cosa desideriamo.

Sentimenti ben anticipati dai tre singoli – “M“, “Apri gli Occhi” e “Pure Blue” – e confermati in ogni nota, come quelle di tastiera che aprono le danze in “Ghost Town” o quelle spaziali della title track. “Isole” è pura grinta dall’indole avvolgente e sbarazzina in attesa paziente della fine del mondo, tra sintetizzatori e falsetto.

Non c’è più domani è il mantra di “Scintilla”, chitarre e altri synth a creare un pezzo che poco ha di nichilista o arrendevole ma suona invece riflessivo, con un ritornello ben cesellato.

Lo spirito di “Sembrava La Fine” è anche quello  di “La musica non basta”, uno dei brani dall’arrangiamento più complesso, esplosivo invito a perdersi per ritrovarsi diversi, inevitabilmente cambiati che chiude un album dalla genesi sofferta che non rinuncia alla speranza.