L’album d’esordio dei Bon Jovi è un lavoro figlio del suo tempo e di quei giorni – la prima metà degli Anni Ottanta – dove i capelli cotonati e i cori da stadio erano praticamente la norma per chi volesse sfondare nel mainstream musicale dell’epoca a colpi di AOR (Album Oriented Rock) e di riffoni iper-glam. Veniva dalla gavetta il vecchio Jon. E dal New Jersey. I suoi erano sogni al neon. Pur non avendo mai perso di vista quella che era la sua “terra promessa”: ovvero, imporsi nel patinato mondo del rock’n’roll a stelle e strisce.
“Bon Jovi” – pubblicato il 21 gennaio del 1984 – non è altro che una raccolta sostanziosa di quelle che erano state le esperienze ed i sacrifici compiuti sin lì dal carismatico leader della band. Nonché una panoramica piuttosto ampia dei suoni, delle storie, dei vizi e delle virtù di un’intera generazione, che guardava al passato con profonda ammirazione ma che cercava di proiettarsi nel futuro con devota speranza. “Runaway” – primo singolo estratto dall’album – con quell’oramai iconico intro di tastiera ha rappresentato il biglietto da visita di una band ancora in cerca di una propria identità sonora.
Certo, le linee di chitarra disegnate nell’aria da Richie Sambora come una sorta di Basquiat delle sette note, avevano già un loro perchè. Così come la batteria di Tico Torres. Va da sè, naturalmente, che i Bon Jovi degli albori fossero già dei gran musicisti, pur se impelagati – come tutti a quei tempi – nei meandri impervi dell’esacerbazione colorita (e colorata) di un decennio che, da un punto di vista prettamente artistico, non ha lasciato scampo a persona alcuna.
Nelle nove tracce che compongono la tracklist del disco d’esordio della formazione americana, però, vi è nascosto pure l’eco di un certo tipo di sound Seventies e di una New York che allora non era ancora la borghesissima mega-metropoli che conosciamo oggi. E così, nelle tastiere sgargianti di un pezzo come “Breakout” o in quelle ancor più sfavillanti della (bella) ballad, “She Don’t Know Me”, riusciamo a scorgere tutta quella magia dal profumo di lacca di cui parlavamo qualche riga più su. Non si tratterà di un esordio fantasmagorico, ma il primo album dei Bon Jovi rappresenta comunque un’opera compiuta, notevole, in cui i Nostri – all’interno dei loro scrigni emotivi – bruciavano con il fuoco sacro del rock.
Prendete la potenza irriverente di un brano come “Roulette”: cos’altro potrebbe rappresentare se non una metaforica via di fuga dalle periferie del mondo? “Get Ready”, invece, è il finalone epico – già pronto per gli stadi del globo terrestre – di un debut che ha messo subito in chiaro quella che era la filosofia – spicciola, provinciale, ma dannatamente incisiva – dei Bon Jovi dell’epoca: correre, correre a perdifiato, tra gli ostacoli della vita e tra le luci illusorie degli 80s. Ritornando a bomba, dunque, la sopraccitata “Runaway” non ha rappresentato solamente il primo semaforo verde da cui sono sfrecciati Sambora e compagni, ma anche il mood concreto (e di vita) di cui erano impregnati cinque ragazzi in cerca di gloria.
Il momento di vivere di una preghiera non era ancora giunto ed i sogni al neon del vecchio Jon, non erano ancora stati accesi.
Pubblicazione: 21 Gennaio 1984
Durata: 38:13
Dischi: 1
Tracce: 9
Genere: glam-metal, aor, hard-rock
Etichetta: Mercury, Vertigo
Produttori: Tony Bongiovi, Ian Little, Lance Quinn
Tracklist:
- Runaway
- Roulette
- She Don’t Know Me
- Shot Through The Heart
- Love Lies
- Break Out
- Burning For Love
- Come Back
- Get Ready