Gianluca Maria Sorace artista a tutto campo, video maker, musicista, cantante e membro degli Hollowblue,  torna al progetto Stella Burns con un album scritto, pensato e ideato per reagire a lutti e sofferenze. Perdite personali (il padre, l’amico Franco Volpi) e collettive (la scomparsa di David Bowie e Dan Fante con cui ha collaborato) hanno gettato le basi per dodici brani di dolce, tenace resistenza.

Credit: Roberta Capaldi

Il bicchiere di latte in copertina, immagine ispirata da un’intervista di Bowie nel documentario “Cracked Actor”, è solo uno dei riferimenti musicali e estetici di un album che vede tra gli ospiti Sergio Carlini dei Three Seconds Kiss, Laura Loriga dei Mimes of Wine e Davide Grotta, Mick Harvey (Nick Cave, PJ Harvey) Ken Stringfellow (The Posies e R.E.M.) Marianna D’ama (vista live con i Timber Timbre).

Calexico e David Eugene Edwards sono solo alcuni nomi evocati in un sound cinematografico e dalle forti atmosfere, che unisce il sapore mariachi di “Amor”, strumentale d’apertura, l’intensità trascinante della title track con cantato in italiano e inglese, le armonie di “Love and Thunder” e “My Heart Is A Jungle” con Mick Harvey in bell’evidenza. Dan Fante torna protagonista in “I Want To Be Dust When I’m Done”, spoken word e testamento d’autore.

Il talento melodico di Stella Burns emerge con chiarezza in “Long Black Train”, nell’accorata e sincera “Stupid Things” con voci che trovano armonizzazioni à la Beatles, in “Her Kiss Your Smile” tra blues e folk,  in “The End Of The Snowfall” con Ken Stringfellow e “Satellite”. Finale altrettanto ben orchestrato con una “Make A Wish” amabilmente tex – mex e “We Cannot Decide”, lucida riflessione post – Covid. Un  lungo cammino quello di Gianluca Maria Sorace, che diventa il  viaggio della maturità in una notte sognante e mai troppo oscura.