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Dopo nemmeno un anno e mezzo dall’uscita del loro sophomore “Burn The Empire“, gli Snuts sono pronti a ritornare con un nuovo LP, “Millenials”, in uscita domani venerdì 23 febbraio per la loro label, Happy Artist Records. Scritto per la prima volta a casa loro in Scozia, il disco è stato però registrato in luoghi come pullman del tour, spogliatoi e camere d’albergo. Noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di questa release per contattare via e-mail il chitarrista Joe McGillveray e farci raccontare qualche dettaglio in più sull’album. Ecco cosa ci ha detto:

Ciao, come state? Il vostro terzo disco, “Millenials”, uscirà tra pochissimo: siete felici di averlo finalmente pubblicato?
Sì, assolutamente! È sempre un’arma a doppio taglio quando si pubblica della musica, perché si è nervosi all’idea di sapere cosa ne pensa la gente, ma la risposta ai singoli è stata così forte e le canzoni sono così intense che è difficile non sentirsi sicuri di ciò che abbiamo messo insieme in questo disco.

Da dove proviene questo titolo? Cosa rappresenta per voi?
“Millennials” è una parola che è spuntata in una delle canzoni e che ci è sembrata racchiudere in sé tutta l’etica di ciò che stavamo cercando di fare: registrare un album che fosse fedele alla nostra esperienza di crescere e invecchiare in questa generazione.

Avete registrato la maggior parte del vostro nuovo album in autobus, negli spogliatoi e nelle stanze d’albergo durante il tour: questa cosa vi ha costretto a essere il più rapido e diretto possibile?
Sì, decisamente. Questo è stato il primo disco che abbiamo fatto da soli, quindi è stato un nuovo tipo di pressione. Ma di tipo positivo! Ovunque ci trovassimo c’era una spinta dall’interno che ci spingeva a superare il traguardo. A volte è stata dura, ma il disco sembra una cartolina a noi stessi da tutti questi luoghi.

Ho anche letto che avete scritto la maggior parte del disco mentre eravate in Scozia ed è stata una novità per voi: è stata una cosa positiva secondo voi?
Penso di sì, all’inizio dell’anno abbiamo prenotato uno studio a nord, nelle Highlands. Eravamo solo noi e le colline. E una dozzina di cervi in giardino ogni mattina. In un certo senso l’isolamento è stato ottimo, perché ci ha permesso di essere iperconcentrati su una sola cosa e l’ambiente tranquillo ci ha permesso di creare una tela bianca, dal punto di vista musicale.

“Millenials” uscirà per Happy Artist Records, la vostra etichetta: quando avete deciso di pubblicarlo per conto vostro? Pensate che sia stata la mossa giusta?
Per noi assolutamente sì. Abbiamo avuto a che fare con la major per alcuni anni e sicuramente ha i suoi lati positivi, ma sicuramente non è stato il massimo per il processo creativo. Il dubbio su se stessi è qualcosa con cui si deve sempre combattere quando si fa musica, ma non aiuta avere il dubbio di qualcun altro che si insinua nel proprio processo, cosa che inevitabilmente accade quando ci sono altre decine di persone coinvolte.

Di recente avete suonato molto in giro per il mondo, anche in festival molto importanti: cosa avete imparato dai tour? Questa esperienza vi ha aiutato a crescere come musicisti e come persone? Pensate che vedere posti diversi e incontrare nuove persone ogni sera possa influenzare il vostro songwriting?
Sì, certo. Il tour è come la prima linea della musica, puoi mettere tutte le reti di sicurezza possibili, ma alla fine della giornata si tratta solo di alzarsi e farlo. Credo che questa sia una buona esperienza per molte cose nella vita: la preparazione è importante, ma quando si arriva al dunque bisogna essere pronti a premere il grilletto e ad affrontare quello che succede.

Quali sono state le vostre principali influenze musicali per “Millenials”? Potremmo etichettarlo come un disco indie-pop?
Non credo che questo sia lontano dalla verità. Non abbiamo mai cercato di fare un tipo specifico di musica, non lo facciamo mai, ma volevamo solo catturare le emozioni positive che avevamo mentre registravamo e il risultato è questo album estivo e poppeggiante. Ma credo che ci siano ancora abbastanza linee di chitarra e riempimenti di batteria per mantenerci nella zona indie haha.

Ascoltando il disco ho avuto l’impressione che vi sia piaciuto molto il processo di creazione e che siate anche in grado di trasmettere questa sensazione ai vostri fan: cosa ne pensate?
Sono d’accordo, questo disco è stato assolutamente il più divertente che abbiamo mai fatto. Il nostro amico e collega Scott Anderson ha prodotto il disco insieme a Jack (Cochrane, voce e chitarra), quindi c’è stato un clima di fiducia fin dal primo momento che ci ha aiutato a superare l’imbarazzo iniziale che si prova sempre nei primi giorni e da lì in poi è stato tutto un navigare a vista.

La maggior parte delle canzoni di “Millenials” ha un grande ritornello, melodie catchy e persino una sensazione dancey (in particolare in “Deep Diving”): è stato intenzionale o è una cosa uscita in maniera naturale?
Sì, anche in questo caso non c’è stata un’enorme quantità di intenzionalità per quanto riguarda i tipi di brani, ci siamo semplicemente lasciati trasportare da quello che stava venendo fuori e abbiamo seguito l’idea lungo la strada. “Deep diving” è probabilmente il brano più cupo del disco, ma anche quello non è nato così, sono sicuro che il pattern di accordi originale fosse più major, ma a un certo punto è finito per andare in una direzione un po’ più profonda, scusate il gioco di parole.

C’è la possibilità di vedervi dal vivo in Italia nel prossimo futuro (magari durante l’estate)?
Spero proprio di sì, sono sicuro che un tour europeo è in cantiere, ma siamo tutti grandi fan dell’Italia, quindi non ci terrete lontani a lungo. Questo album è stato alimentato da vino rosso e pasta!

Un’ultima domanda: per favore potete scegliere una delle vostre canzoni, vecchia o nuova, da utilizzare come colonna sonora di questa intervista?
“Novastar” è un brano che non è ancora stato pubblicato ma è uno dei miei preferiti del disco, è un’esplosione di energia che non vedo l’ora di far ascoltare alla gente!