Credit: Fabio Campetti

Cadeva nel 2023 il venticinquesimo compleanno di uno dei dischi più belli di queste ultime tre decadi, almeno in ambito pop raffinato o canzone d’autore che dir si voglia, stiamo ovviamente parlando di “Moon Safari”, che nel lontano 1998, portava gli Air, prepotentemente, sotto le luci della ribalta, grazie a questo masterpiece indiscusso di musica moderna con un occhio ancorato al passato che fu.

Forse, anzi senza il forse, il duo parigino non si è più ripetuto a questi livelli, ci sono stati episodi interessanti, penso a “Talkie Walkie”, che può essere catalogato come il fratello minore, e via via tutte le loro pubblicazioni, che anche con il senno di poi, risultano inattaccabili e sempre ad ottimi livelli, al di là dei ragionevoli gusti che uno può avere, ma “Moon Safari” è “Moon Safari”, un concentrato di canzoni fuori categoria, tra melodie azzeccate e ritornelli da esperti songwriters, voglio dire “Sexy boy” è la sintesi perfetta di tutti gli ingredienti che un singolo possa avere, furbizia easy listening, qualità compositiva, scelte oculate in fase di selezione sonora, la classica ricetta perfetta.

Fatto questo doveroso preambolo, Air che risuonano, appunto, per intero, come forse non era mai successo in passato, tutto questo album d’esordio, per celebrarne il quarto di secolo, lo fanno con una manciata di date europee, tra cui una tappa a Milano al Fabrique, che li ospita per questa sera.

Evento sold out in venti minuti, a testimoniare anche un certo affetto nei confronti di un progetto fermo da diversi anni.

Entrando in merito al live, non conoscevo il set e non mi ero minimamente documentato, ma pare sempre essere il medesimo dal giorno zero, quindi sono solo loro due al timone a gestire tutto, credo peculiarità di questo tour, l’apporto di una batteria acustica.

Mi aspettavo l’inserimento di qualche turnista, compresa anche una voce femminile, a supportare i due capolavori “All i need” e l’incantevole “You make it easy” (A mio parere una delle ballad più suggestive degli anni novanta), la prima gestita con una voce in base, la seconda cantata invece da Nicolas Godin, trasformandola, di fatto, in un altro pezzo.

Avevo probabilmente altre aspettative, ipotizzavo, appunto, un collettivo allargato, diciamo che partendo dai pionieri Kraftwerk, si rimane in ambito elettronico, con un’approccio, anche forse giustificato, ma molto distante dal concetto di band.

Ne parlavo giusto con un amico, ipotizzando l’inserimento di un poli strumentista, o perché no una poli strumentista, in grado anche ad accollarsi le linee vocali delle succitate canzoni, eleverebbe il concerto, aumentando, drasticamente, il punteggio in sede di valutazione.

Detto questo le canzoni sono meravigliose, talmente belle che si passa sopra ogni scelta o decisione.

Non si sono comunque risparmiati, un’ora e tre quarti di show e dopo il set di “Moon Safari”, eseguito come suggerisce la tracklist originale, hanno suonato tutta una serie di singoli, da “Venus” a “Cherry Blossom Girl”, passando per il fortunato theme di “Highschool Lover” o la stessa bellissima “Silver Rocket”; volumi molto pacati, spesso e volentieri non oltre i 90 decibel. Suggestivi e quanto mai azzeccati, soprattutto in alcuni frangenti, i visual di un palco minimale perimetrato da un’architettura da museo, assolutamente in linea con la loro estetica.

Chiudono con un ottima “Electronic Performers”, tra osannanti applausi di un pubblico trasversale.

Loro sempre silenziosi e discreti, apparentemente timidi, elegantissimi, e, al di là di tutto ben consapevoli di aver scritto una pagina importante della musica europea.