Gli Alabama Shakes, oramai, sono solo un lontano ricordo. Una parentesi chiusasi definitivamente. La carriera solista di Brittany Howard, infatti, prosegue spedita come un’auto da rally durante la Parigi-Dakar. Ed in tal senso il suo nuovo album, “What Now”, non fa eccezione. Già. Perché si tratta di un lavoro dannatamente completo, omogeneo, accattivante. Degno successore di quel “Jaime” che cinque anni fa tanto aveva entusiasmato critica ed addetti ai lavori.
Più che guardare ad Aretha Franklin – punto di riferimento ancestrale del disco pubblicato nel 2019 – “What Now” è un lavoro che volge lo sguardo verso i grandi nomi del funk (presente e passato): da Prince a James Brown a Rick James, passando per il Lenny Kravitz prima maniera. La title-track, per esempio, è un brano dirompente, incendiario, il perfetto biglietto da visita da donare a chi vuole farsi un giro tra le pieghe glitterate dell’album in questione. “Earth Sign”, invece, è un gospel-hiphop “dinamitardo” e cool. Una delle tracce d’apertura più incisive di sempre. Ascoltare per credere, naturalmente.
E cosa dire della bellissima ballad, “To Be Still”, se non che si tratta di uno degli “highlights” del disco? Una delle caratteristiche più peculiari della voce (grandiosa) della Howard è proprio la sua eccletticità: la singer di Athens, infatti, riesce a spaziare da un genere all’altro come un drone sui cieli d’Europa. Similitudine quest’ultima, forse un tantino azzardata, ma piuttosto calzante per rendere l’idea di quello che rappresenta un vero e proprio punto di forza della Nostra: la preponderanza delle sue corde vocali.
Prendete un pezzone come “Patience”, chi altri riuscirebbe a cantarlo con cotanta credibilità? In verità risulta piuttosto difficile trovare dei punti deboli nei dodici brani che compongono la tracklist di “What Now”. Brittany, infatti, non solo è riuscita a passare al “livello successivo”, ma lo ha fatto con classe e versatilità. Altroché. Come nel caso di “Power To Undo”, dove le linee di chitarra appaiono così travolgenti da rubare quasi l’attenzione ad uno dei ritornelli più smaccatamente catchy del disco.
“Every Color In Blue”, infine, chiude più che dignitosamente un album che andrebbe analizzato minuziosamente per scorgerne gli aspetti più reconditi. Non solo. Per chi scrive, infatti, “What Now” è uno di quei lavori da ascoltare – con religiosissima attenzione – muniti di cuffie che siano all’altezza dei suoni di cui è composto. Sì. Perché il disco numero due di Brittany Howard gode di una produzione pressoché impeccabile. Produzione che, tra l’altro, è frutto del lavoro certosino compiuto dalla stessa Brittany.
Insomma, quando si parla di “What Now”, si fa riferimento ad uno degli album più belli pubblicati sin qui nel vastissimo panorama del mainstream musicale. Poco da dire. La cantante statunitense, in pratica, tra un tiratissimo funk-rock e dei beat ipnotici, è riuscita a portare l'”Aretha Franklin” di “Jaime” sul dancefloor.
E scusate se è poco.