Credit Idles: Tom Ham / Credit Fontaines DC: press / Credit Murder Capital: press

Il debutto di “Tangk” al primo posto della classifica inglese (nostro Disco della Settimana, tra l’altro) ha ribadito quanto il nome degli Idles sia rappresentativo in quest’epoca in cui, almeno a livello mainstream, il rock pare diventato periferico.

La band di Joe Talbot vi era riuscita già ai tempi del disco “Ultra Mono” ma questo ulteriore exploit dimostra che non siano certo di passaggio e anzi destinati a rimanere nei libri di storia; già, ma appunto, è possibile iniziare a storicizzare il periodo che suppergiù va dagli anni dieci del nuovo millennio ad oggi?

Quanti gruppi sono emersi negli ultimi anni, ottenendo consensi di pubblico e critica, che si possono “comodamente” associare al genere post-punk, etichetta che tra l’altro gli stessi Idles hanno più volte rigettato?
E’ indubbio, perché è sempre stato così, che sia facile ingabbiare dei nomi accomunandoli in un unico filone, poi solo il tempo sarà in grado di dirci chi nel frattempo si è evoluto, chi è rimasto fermo al palo e chi magari ha continuato imperterrito a ripetere la stessa cosa per tutta la carriera.

Ci sembrava però opportuno, oltre che interessante, provare a mettere in fila dieci nomi di gruppi che stanno segnando i nostri tempi, non soffermandoci su un’unica scena (nonostante ad esempio quella dublinese sia caldissima!); sono tuttavia ben consapevole che si tratterà ovviamente di una lista parziale, dove giocoforza qualche nome verrà sacrificato (ma non è detto che in futuro non venga dedicato altro spazio a Gilla Band, Italia 90, Porridge Radio, Desperate Journalist o Viagra Boys, tutti apprezzati da queste parti). In ogni caso mi sono concesso pure cinque ulteriori slot come bonus giusto per poter citare altri gruppi in effetti lontani per stile e background da quelli presi in considerazione nell’articolo ma che allo stesso modo stanno emergendo ravvivando la stella del rock di stampo alternativo.

Buona lettura (e buoni ascolti) quindi con la Top Ten dei “nuovi” Gruppi Post-Punk, avendo preso in esame quelli emersi dal 2010 ad oggi.

10. SPRINTS

Iniziamo la nostra graduatoria con l’ultimo gruppo in ordine cronologico salito agli onori delle cronache (e ben accolto anche fra queste pagine): gli Sprints provengono da Dublino, città che sta contribuendo in maniera notevole a rinverdire i fasti del rock, e con il debut-album “Letter to Self” mostrano grande freschezza compositiva, irruenza giovanile e soprattutto di aver imparato bene la lezione del garage-punk, il tutto sorretto dal talento di Karla Chubb. Il 2024 per molti sarà il loro anno.

9. YARD ACT

Giovanissimi ma con le idee chiare in fatto di temi da mettere in musica: questi sono gli Yard Act, quartetto di Leeds che, sotto una frizzante e potente miscela indie-rock e post-punk, veicola messaggi anche di forte impronta sociale. Il primo album, pubblicato due anni fa, schizza subito al secondo posto nelle U.K. Charts, un altro è in arrivo a breve. Sapranno confermarsi?

8. SHAME

Band londinese assurta ai tempi del debutto (nel 2018) a next big thing della nuova scena post-punk, con i successivi due album in serie (l’ultimo è il fortunato “Food for Worms” del 2023), gli Shame hanno confermato la bontà del loro progetto, che cerca di guardare oltre gli steccati del genere in cui sono stati inseriti, orientandosi più a certi loro miti americani con cui sono cresciuti.

7. SLEAFORD MODS

Duo proveniente da Nottingham guidato dal carismatico (e sfrontato) Jason Williamson, rappresenta di certo l’ala più intransigente del movimento, il nome più politicizzato, che non teme certo di schierarsi contro i poteri. Le invettive rappate su suoni abrasivi e potenti, tra campionamenti e drum loop, hanno fatto ormai scuola; ogni disco (e in tal senso la loro attività è assai copiosa) somiglia al precedente eppure la magia si ripresenta, la scintilla rimane sempre accesa.

6. PROTOMARTYR

Brutali, senza compromessi eppure poetici, profondi, capaci di scuotere gli animi, i Protomartyr da Detroit sono tra i gruppi più interessanti e originali emersi negli anni dieci. Sei dischi dal 2012 ad oggi (l’ultimo è “Formal Growt in the Desert” del 2023) senza alcun cedimento, mantenendo sempre la barra dritta.

5. DRY CLEANING

Ricordo la folgorazione al primo ascolto di “New Long Leg”, album con cui irruppero sulle scene i Dry Cleaning: la voce narrante della “poetessa” Florence Shaw che declama i suoi testi, le chitarre rumorose e avvolgenti, dense di dettagli, la sezione ritmica oltremodo potente. Una bella botta emozionale insomma, corroborata dal secondo episodio, di appena un anno successivo (“Stumpwork”, 2022), che ne conferma la piena vitalità. Una formula originale senz’altro ma che corre il rischio di diventare troppo stretta per una band dal grande potenziale.

4. SQUID

Leggere il loro nome qui potrebbe già far storcere qualche naso, in quanto gli Squid del cantante e batterista Ollie Judge dopo l’esordio nel 2021 ben in linea con gli altri nomi in elenco hanno decisamente cambiato registro musicale, proponendo nel recente “O Monolith” un’intrigante miscela di alt-rock (che a me piace più definire art-rock) dove i suoni si contaminano, le strutture diventano complesse, gli orizzonti si allargano. Una prova matura, che mostra un deciso salto in avanti a livello di composizione e mette in luce tanto fermento creativo.

3. THE MURDER CAPITAL

Gruppo irlandese (formato a Dublino) rivelazione del 2023, quando con il secondo album “Gigi’s Recovery” seppero definitivamente conquistarmi dopo alcune iniziali ritrosie, i Murder Capital si issano sul podio di questa speciale classifica perché hanno dimostrato di poter offrire un ampio ventaglio di soluzioni musicali, con una proposta di grande spessore. Quello di James McGovern e soci assomiglia sempre più a un moderno rock d’autore.

2. FONTAINES DC.

È il 2019 quando arriva nei negozi “Dogrel” e nulla sarà più come prima! I Fontaines D.C. sbaragliano la concorrenza, sparigliano le carte e conquistano tutti con un mix di ingredienti micidiale: compattezza sonora, ritmi serrati, presenza scenica da farli avvicinare a dei novelli Strokes, un cantato viscerale che è come un pugno in faccia. Arrivano anche i detrattori: come potrà durare questa formula “perfetta”, che sembra però ripetersi sempre uguale? Detto fatto, e già al secondo disco i dublinesi iniziano a mostrare altre facce della propria musica, senza snaturarsi, e così fino all’altro album ancora (e fanno tre in quattro anni!), senza naturalmente tralasciare l’ottimo esordio da solista del frontman Grian Chatten, che si dimostra un talento purissimo.

1. IDLES

Al primo posto della nostra graduatoria finiscono inevitabilmente gli Idles, e non solo per il successo immediato legato all’uscita dell’ultimo disco cui si è fatto cenno in apertura, ma proprio in virtù del loro essere unici, trasversali, volendo rifuggire ogni etichetta, loro che più di tutti in realtà hanno contribuito a rinnovarne una, quella appunto del post-punk. Ma dentro i loro lavori c’è di più, ogni album è espressione di un’evoluzione autentica, di ricerca, di rafforzamento del proprio status, senza mai far venire meno l’ispirazione. Un gruppo che ha tanto ancora da dire!

Bonus#1. WET LEG

È stato un debutto irresistibile quello delle Wet Leg, due giovani musiciste che all’indubbio appeal scenico sommano una grande attitudine, oltre a una coolness indie-rock che sprizza da ogni singola nota. Dopo l’album omonimo pubblicato due anni fa attendiamo fiduciosi un nuovo lavoro.

Bonus#2. BLACK COUNTRY, NEW ROAD

Oddio, e questi tizi che musicano fanno, da dove vincono? Domande che sorgevano spontanee un paio d’anni fa, all’alba del loro straordinario disco d’esordio, un centrifugato di suoni, umori, colori, atmosfere. Giovanissimi e dal talento smisurato, devono però dimostrare di saper sopperire all’abbandono precoce del genietto Isaac Wood, principale artefice delle multiformi canzoni. Ma il disco live pubblicato l’anno scorso (e contenente otto brani inediti) sembra dare conferma che la band può continuare a stupire ancora a lungo.

Bonus#3. PILLOW QUEENS

Una sventagliata di rigogliosa freschezza era giunta anche all’ascolto di un disco variegato, solare, genuino, come “Leave the Light On” (2022) delle giovani Pillow Queens, da Dublino, of course, che faceva seguito a un esordio altrettanto interessante. Chitarre, ritmo, melodie, belle voci: nelle loro canzoni c’è di tutto e di più!

Bonus#4. GOAT GIRL

Appare piuttosto eterogenea la proposta delle Goat Girl, che all’epoca del loro esordio nel 2018 si candidavano a ragazze cattive del movimento; se per indole e approccio possono certamente identificarsi come eredi della lezione post-punk, è vero poi che specie tra i solchi del successivo (e ultimo) lavoro non temono di perlustrare differenti territori musicali, mostrandoci la parte più sognante. Non ci resta che attendere il prossimo imminente episodio per capire se ci saranno ulteriori sviluppi nella loro carriera.

Bonus#5. BLACK MIDI

Il lato più sperimentale delle scena inglese contemporanea giunge da questo ensemble londinese, facente capo a Geordie Greep, che nelle proprie canzoni sembra trasportare l’ascoltatore altrove, spiazzandolo, rivoltandolo come un calzino, facendolo sprofondare per poi infine riportarlo alla luce e innalzarlo in cielo. Quella dei Black Midi non è un’esperienza per tutti: è difficile, ostica, a tratti incomprensibile ma forse anche per questo così maledettamente affascinante.