Ovvero il potere del passaparola vanaglorioso ai tempi dei social. Non dico che sia una brutta serie, ha un buon ritmo e diversi dialoghi ben assestati, ma francamente anche altrettanti cliché e momenti di noia e grande ripetività – lo stile abusatissimo nell’episodio della violenza sessuale, il monologo confessione davvero anticlomatico, il finale sensazionalista che manda un po’ in vacca il “tratto da una storia vera”.
Poi della manipolazione manca l’aspetto più importante, ovvero quella sottigliezza che le permette di penetrare le maglie più impermeabili della psiche. Invece Gadd la spiega in continuazione, quasi con ansia, con una serie a cui manca un po’ di non detto, scritta, anzi strillata in CAPS LOCK. Oh, alla fine che tutti si dicano così scioccati è anche un bene, perchè significa che non hanno incrociato poi così tanti mostri.
Comunque, dicevo, non è tutto da buttare. A partire dalle interpretazioni e dalla scrittura di alcuni personaggi. Martha è ideata e messa in atto da paura, ma mi sono piaciuti tantissimo anche Teri e il padre sboccato che sbotta a ripetizione.
In realtà l’aspetto thriller, la persecuzione perpetrata da Martha insomma, ha una buona resa. Così come Gadd usa bene alcune sferzate da commedia nera. Però l’impressione che la necessità sentita dalla sceneggiatura di spiegare tutto, punto per punto, più e più volte, infici la riuscita anche di questi aspetti.