Happy B-day mate! Si scambierebbero così gli auguri giù al sud, nella Londra regale seppur sempre libera, evocativa, alternativa e controcorrente. Su al nord invece direbbero qualcosa che si avvicinerebbe ad una qualsiasi forma di volatile. O meglio, proprio la traduzione letterale di uccello.
Più o meno. In questi 35 anni si è tanto festeggiata la realizzazione di un album apripista, divisivo, nuovo, brillante, fresco, intraprendente e coraggioso, tant’è che in questi mesi il suo massimo co-realizzatore è tornato sulle scene ribadendo che la chitarra è il suo megafono per dialogare col mondo.
Sin dagli esordi i The Stone Roses di Ian Brown e John Squire (prima English Roses e poi The Patrol) hanno fatto conoscere i propri gusti ed impronta musicali, suonando in giro nei locali britannici per i primi live e registrazioni, come nel 1984 col singolo “So young” e al Moonlight Club di Londra come gruppo spalla di Pete Townshend. Clash e Sex Pistols per Ian e The Beatles a go-
go per John. Generi musicali ed atteggiamenti. Le basi c’erano, la musica di Madchester permeava radio e club, l’attitudine e la propensione ad affermarsi anche e la decisione di registrare e migliorare il materiale che già era stato presentato, aggiungendo nuovi elementi e tracce, era l’unico passo da compiere.
Con l’aiuto del manager Gareth Evans, il produttore John Leckie e la fiducia della Silverstone Records, il quartetto decise di registrare tra Londra (Konk e Battery Studios), Stockport e Rockfield in Galles un concetto che chiudeva un decennio di sperimentazioni ed innovazioni in ambiente musicale.
Sereni ed entusiasti, privi di pressioni e collaudati tra loro, i The Stone Roses realizzarono, nel 1989, l’album con la copertina coi limoni che non piacque subito a radio e giornali, ma che gli permise di farsi conoscere ed apprezzare dal pubblico.
All’Alexandra Palace di Londra, nel 1989, fecero sold-out con 7k persone e nel 1990 organizzarono e parteciparono al Festival di Spike Island, a Widnes, di fronte a 27k persone. La città industriale nel Cheshire, up to the north, famosa per le sue industrie, fatica e sudore consacrò il gruppo di Manchester. Sarà ricordata come la “Woodstock della generazione baggy”.
L’album lo potremmo dividere per le diverse ore e fasi della giornata, con “I wanna be adored” come sveglia, lenta e molleggiata come le movenze di Ian Brown nel desertico video musicale (andatura simile ad ogni essere umano appena sveglio) per passare allo start iniziale post colazione con “She bangs the drums”. Denti, doccia e fino a qui tutto bene.
Tireremmo fino a pranzo con “Waterfall”, “Don’t stop” dal sapore celtic ballad, col country folk lento e ritmato beatlesiano di “Bye Bye Badman” ed “Elizabeth my dear” come omaggio alla tradizione inglese di “Scarborough fair”. Tutti a tavola, il pranzo è servito.
Post pranzo – coffeeee? – “(Song for my) Sugar Spun Sister” riaccende i motori della giornata, facendoci respirare e temprandoci per affrontare il resto del pomeriggio. Ed è così che una delle fondamenta del futuro Brit pop viene annunciata, poggiata e saldamente incollata agli anni ’90. “Made of stone” è l’intrigante e sussurrato inno e marchio di fabbrica dei TheStone Roses, con la linea di basso che si snoda con la chitarra e l’assolo di John Squire, i cambi di ritmo della batteria e la voce prima misurata e poi corale e decisa di Ian Brown.
“Shoot you down” e “This is the one” sono carezze musicali del primo pomeriggio, arpeggi, ritmiche e melodie gentili per affrontare la tarda serata e l’ultima traccia dell’album, almeno nella versione UK, ovvero “I’m the resurrection”, lapidaria già dal titolo.Tre pezzi distinti tra loro ma legati dagli intrecci e dai ponti musicali di John Squire, Alan John “Reni” Wren alla batteria e Gary “Mani” Mounfield al basso.
La sicurezza emotiva e musicale del pezzo si articola in tre parti distinte: la prima psichedelica, dal ritmo costante che richiama il sound anni ’60; una seconda parte solo ritmica, che sarà la base di partenza per i The Verve di “A northen soul” ed aiuterà gli Oasis a mantenere la notorietà acquisita; la terza ed ultima parte che ritorna psichedelica con un crescendo di suoni, ritmica e frasi e con la batteria che accresce la forza della final-track per poi dissolversi.
La versione US è stata distribuita con l’aggiunta di “Elephant Stone”, alla numero tre e già singolo e per cui ha collaborato alla produzione anche Peter Hook (Joy Division e New Order), e come traccia finale “Fools gold”, inno indie-funky in cui la chitarra di John Squire ci sorride col whoa-whoa e con cui ci domanda: vi è piaciuto il dono-regalo che vi abbiamo confezionato?
Ascoltato in età diverse è un album ricco di spunti e di collegamenti tra passato e futuro, tra quello che c’è stato e quello che poi è stato prodotto almeno in quel momento del presente, e ci conferma quanto la potenza della creatività, della musica e dell’unione di intenti sia il vero ed unico scopo di una band.
Data di pubblicazione: 2 maggio 1989
Tracce: 11/13
Lunghezza: 48:20
Etichetta: Silvertone / RCA (US)
Produttore: John Leckie
Tracklist :
I Wanna Be Adored
She Bangs the Drums
Waterfall
Don’tt Stop
Bye Bye Badman
Elizabeth My Dear
Song for My) Sugar Spun Sister
Made of Stone
Shoot You Down
This Is the One
I Am the Resurrection