Ritorna l’elettronica retrofuturista di Gaspard Augé e Xavier de Rosnay. Con “Hyperdrama”, infatti, i Justice – duo elettronico francese formato dai genietti di cui sopra – hanno confezionato un lavoro che guarda in più direzioni, senza perdere mai di vista, però, il mood atavico (e patinato) della formazione transalpina. Non solo.

Credit: Julia Vincent

Nel disco in questione risuona forte pure l’influenza di un altro nome nobile del cosiddetto mainstream musicale. Ovvero, quello del caro vecchio Kevin Parker, alias Tame Impala, presente – ultimamente – anche in alcune delle produzioni di Dua Lipa (non che sia un merito, per carità). Ciò detto, immergendosi con attenzione tra i corridoi iper-glitterati delle tredici tracce che vanno a comporre la tracklist dell’album numero quattro dei Nostri, risulta quasi impossibile non evidenziare un deciso passo in avanti rispetto al suo predecessore (“Woman” del 2016).

Già. Perché “Hyperdrama” si colloca esattamente a metà strada fra il sorprendente (ed oramai datato) album d’esordio dei Justice e l’ultimo progetto solista del sopraccitato Augé. Poco male. Sì, perché ascoltando nella loro interezza brani quali il primo singolo estratto, “One Night/All Night” (il primo dei due eseguiti proprio con mister Parker) o la stessa, “Generator” – una sorta di marcia epica in odor di anni Novanta – la sensazione è quella di ritrovarsi di fronte ad un lavoro realizzato con gusto ed una discreta dose di quella che gli americani definirebbero coolness. Anche se al netto di alcuni episodi che non brillano certo per urgenza creativa.

Prendete un pezzo come “Saturnine” (stavolta il featuring è di Miguel): negli intenti primordiali degli autori, la traccia numero 12 del lotto avrebbe dovuto rassomigliare ad alcune intuizioni sonore dei Daft Punk (più pop) di “Random Access Memories” ed invece ci si ritrova con un brano che non riesce mai a spiccare come potrebbe. O come avrebbe dovuto.

Tuttavia, è proprio nei suoi momenti più “sperimentali” e meno “telefonati”, che questo “Hyperdrama” riesce ad entrare nelle grazie di chi ascolta. “Incognito” e soprattutto “Mannequin Love”, per esempio, maramaldeggiano oltremodo sul resto della tracklist, proprio per il loro sound dannatamente accattivante, oltre che per delle melodie spaziali che ricordano – vagamente – alcuni episodi del già citato debut. In definitiva, il quarto album in studio di Gaspard Augé e Xavier de Rosnay, è un’opera che va analizzata nella sua interezza per riuscire a scorgerne i suoi dettagli più nascosti, ma non per questo meno luccicanti.

Sia chiaro, nulla di neanche lontanamente paragonabile ai mostri sacri dell’elettronica. Epperò, la devozione dei Justice per un certo tipo di atmosfere vintage e la comunque (nonché innegabile) alta qualità della loro proposta musicale, fa sì che il nostro voto finale si spinga ben oltre la mera sufficienza.