“Play”, il più grande successo di Richard Melville Hall, in arte Moby, compie 25 anni eppure, oggi come allora, sembra un disco senza tempo.

Prima della sua pubblicazione, l’artista newyorkese stava vivendo un periodo di forte crisi, e sembrava, dopo essersi fatto un “nome” come deejay in ambito house e techno e aver tentato in seguito nuove strade, non piacere più ai fans di vecchia data ma nondimeno attirare nuovi adepti.

Al momento di assemblare il (tanto) materiale che confluirà  nel suo nuovo lavoro, il quinto, aveva le idee chiare su cosa avrebbe voluto dare in pasto al pubblico ma non poteva certo immaginarne gli esiti trionfali, viste le premesse non esaltanti.

Il disco, straordinario nella sua eterogeneità , mostrava appieno la genialità  del suo autore nel creare un sound antico, eppure moderno, grazie all’utilizzo di samples di brani che si rifacevano in alcuni casi a remote esperienze blues, folk, gospel e jazz, mischiati in un contesto assolutamente contemporaneo. Alla fine delle 18 tracce, l’ascoltatore, se non avesse potuto disporre del libretto con i credits, mai avrebbe potuto capire quali fossero le parti totalmente inedite e quali invece le canzoni “manomesse” magistralmente.

L’amalgama tra due mondi sonori che si incontrano, con quegli archetipi contrapposti, anzichè creare straniamento e confusione, regge per tutto la durata dell’album, al punto che non ci verrà  più da chiedere “ma dove ho già  sentito questo pezzo, questo refrain?“, perchè da “Play” in poi, non appena udiremo alla radio un certo tipo di sound, lo assoceremo subito a Moby.

Elencare la sfilza di singoli che, tra il 1999 e il 2000, hanno stazionato nelle classifiche di tutto il mondo (in alcuni casi utilizzatissimi per spot in tv, colonne sonore di film e documentari), diventa quasi pleonastico, tanto sono famosi titoli come “Natural Blues”, “Porcelain”, “Why Does My Heart Feel So Bad?”, “Find My Baby” e “Honey”.   Ma tutto l’album è degno di nota, pur nelle sue derive generaliste in cui l’artista si mostra onnivoro musicalmente e profondo conoscitore della materia, non solo dance.

Lo sentiamo infatti destreggiarsi in modo egregio tra atmosfere ambient (nella splendida doppietta “Inside” e “Guitar Fluide & String”), lounge (“Slow Down”), alternative rock (“South Side”) e ragtime (“Run On”), senza dimenticare le suggestioni oniriche di “Everloving”, con la sua splendida melodia, o le raffinatezze chill out di “The Sky Is Broken”.

Un tripudio di suoni e idee, accolto in maniera eccezionale dal pubblico, per quanto l’album fisiologicamente c’abbia messo un po’ a ingranare (senza contare il fatto che è uscito con un marchio indipendente).

Man mano che se ne sono intuite però le potenzialità  commerciali, la macchina non si è più fermata, arrivando dopo un anno a smerciare il disco in ordine di centinaia di migliaia di copie. A tutt’oggi sono circa 15 milioni gli esemplari di “Play” venduti, ma la cifra diventa ben maggiore se vi si sommano quelle dei singoli più fortunati.

Un exploit straordinario per un album che ha saputo diventare mainstream, senza rinunciare alla sua essenza multiforme, davvero alternativa a ciò che finiva nelle classifiche dance di fine millennio.

Questo lavoro rappresenterà  uno spartiacque nel variegato ambito musicale del periodo, fino a diventare capofila di un genere a suo modo nuovo, operazione riuscita in egual misura, dal punto di vista meramente artistico, ma con esiti commerciali meno eclatanti, al corrispettivo inglese Fat Boy Slim.

E’ indubbio però che l’artista Moby, con questo album in particolare, sia assurto a simbolo della scena musicale di un’epoca e che, per quanto “Play” risulti ancora godibilissimo e appunto senza tempo, non appena chiudiamo gli occhi, veniamo catapultati indietro nel 1999.

Moby – Play
Data di pubblicazione: 17 Maggio 1999
Tracce: 18
Lunghezza: 63:03
Etichetta: V2 Records
Produttore: Moby
Tracklist:

  • Honey
  • Find My Baby
  • Porcelain
  • Why Does My Heart Feel So Bad?
  • South Side
  • Rushing
  • Bodyrock
  • Natural Blues
  • Machete
  • 7
  • Run On
  • Down Slow
  • If Things Were Perfect
  • Everloving
  • Inside
  • Guitar Flute & String
  • The Sky Is Broken
  • My Weakness