Un canto d’esilio e di disperazione quello che intona Cesare Basile in “Saracena” dodicesimo album di una lunga carriera d’artista curioso che non dà mai nulla per scontato. Otto brani scritti in due settimane con rabbiosa urgenza poetica e politica che tracciano un parallelo tra l’attualità e la storia degli arabi di Sicilia, riflettendo sui versi delle poesie di Mahmoud Darwish e Santo Calì, di Abd al-Jabbar Ibn Hamdis costretto a lasciare l’isola durante la conquista normanna.
Un’epica del disastro ideata in solitudine, completata poi con l’aiuto di Tazio Iacobacci, Puccio Castrogiovanni e Francesca Pizzo Scuto in “Caliti ciatu” per rispettare l’esigenza di scavare sempre più a fondo tra ricordi e la lingua dolce e scura dell’infanzia di una terra meticcia, fiera ma spesso calpestata dagli invasori. Due strumentali ben orchestrati – “Kafr Qasim” e “Bacilicò” – riaffermano la voglia di suonare, d’improvvisare persino.
La voce di Basile sempre evocativa traccia vividi ritratti in “C’è na casa rutta a Notu” e “Ciuri i cutugnu”, carica di senso “Prisenti assenti” e si fa calda e vibrante nei quasi sette minuti di “U iornu du Signuri” che scorrono lenti e feroci, caldi e inesorabili, così diversi dalla poesia nostalgica e delicata di “Cappeddu a mari” carezza malinconica e mediterranea.
“In un momento in cui agli artisti si chiede solo di intrattenere le persone senza sollevare questioni scomode o prendere parola sulle ambiguità delle società democratiche, ho sentito il bisogno di affrontare una tragedia che per i più è notizia fruita distrattamente; di provare a capire quanto di universale c’è nel dramma palestinese”
Ribadisce Cesare Basile a completare il quadro di un album che sperimenta con l’uso di sintetizzatori modulari, chitarre, percussioni, strumenti tradizionali (mizwad, piva, rebab, baglama, tanpura) per raccontare l’essere cacciati o il dover lasciare la propria casa con toni duri, persino amari, ma non senza speranza. Un disco istintivo che unisce sapientemente antico e moderno, elettronica e folk in modo affascinante.