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Prima delle loro data milanese di supporto ai Christian Death (26 maggio, Legend Club), ci siamo fatti una veloce chiacchierata, molto gradita, con i Pinhdar. Cecilia Miradoli e Max Tarenzi hanno risposto con piacere alle nostre domande…

Come e quando nasce il nuovo progetto discografico? Ma soprattutto in generale qual è il vostro modus operandi in fase di
composizione? Nasce prima la melodia, ipotizzo da un giro di chitarra, o improvvisate su un sample? E quanto tempo ci è voluto per scrivere e registrare “A Sparkle On The Dark Water”?

Cecilia: E’ un po di tempo che ci stiamo lavorando, abbiamo finito il percorso con “Parallel” che é uscito nel 2021, poi c’é stato il covid e il conseguente stop, quindi ci siamo goduti un pò di concerti alla ripresa. Però, al tempo stesso, iniziavano a nascere delle idee. A un certo punto, quando abbiamo deciso di fermarci, Max è arrivato con delle cellule che potevano essere delle progressioni armoniche oppure con dei suoni di chitarre embrionali, io di solito ci metto melodie e testi….poi pero’ questa cosa viene completamente disintegrata, stravolta, togliamo cose, ne aggiungiamo altre….
Tendenzialmente la melodia se é forte rimane fino in fondo, ma tutto quello che viene costruito intorno é diverso da come é partito. Magari si toglie anche tanto, per esempio alcune canzoni di questo album, una in particolare “Frozen Roses” era tutta un’altra cosa…era un altro pezzo!! Alla fine é rimasto il nucleo, ma tutto quello che c’era intorno è stato modificato.
Max: Poi siamo andati in Inghilterra. Nei mesi precedenti avevamo preso contatto con Bruno Ellingham e impostato i primi passi di una collaborazione. Una volta finito il tour in Inghilterra ci siamo fermati da lui, nel suo studio per ultimare le registrazioni. Gli avevamo già mandato dei “rough mix” abbastanza avanti nella stesura e prima di arrivare li, comunque, abbiamo avuto modo di scambiarci dei file o intere sessioni di Logic. Poi ad agosto in Inghilterra, una volta insieme, siamo riusciti a concentrarci sul lavoro e l’abbiamo ultimato, appunto, nel suo studio. Lui è un ingegnere del suono, che ha prodotto l’ultimo disco dei Everything But The Girl (tanto per citarne uno), ha lavorato in tutti dischi che ci piacciono…dai Massive Attack, ai Portishead… un sacco di roba pero’ non é uno che si fa notare, non è social, è più improntato al lavoro che alla comunicazione di quello che ha fatto.
A livello di costi diciamo che non avremmo potuto farlo. Per il primo disco, con Howie B, ci è andata bene…era il periodo del covid,
quindi era tutto fermo e siamo riusciti ad arrivare a lui, gli è piaciuto il materiale e di conseguenza è nata questa collaborazione.
Invece per questo nuovo disco c’è un costo più che altro di studio, sono professionisti che tengono in considerazione, giustamente, l’artista con cui stanno lavorando.
Cecilia: E’ stata un’esperienza pazzesca, c’è stato un continuo scambio di vedute e opinioni, per esempio Max le chitarre le voleva
fare in un certo modo e così è stato, la batteria inizialmente pensavamo ad una batteria acustica, ma poi alla fine siamo rimasti a quanto programmato da noi ma con il sapiente intervento di Bruno sui suoni.
Una bella persona, ci siamo sentiti a casa, vivevamo da lui….a Bath vicino a Bristol sul fiume Avon.

Facendo un piccolo passo indietro, com’è stato lavorare con un produttore di fama internazionale come Howie B, con voi
dietro la console per il disco precedente, “Parallel”? Ho letto da qualche parte, ma correggimi se sbaglio, che avete lavorato a
distanza, mandando già delle sessioni in fase avanzata, su cui lui ci ha successivamente messo mano? E quali differenze con il
produttore del disco nuovo Bruno Ellingham (Anche lui al lavoro con artisti di fama internazionale)? Sono curioso di capire com’è andata dal punto di vista tecnico con questo produttore?

Max / Cecilia: Howie B ha un approccio più perentorio, con meno scambio. Nella fase precedente al mix lui risultava più misterioso,
arrivando con il suo intervento già finito in modo da ascoltare una cosa, che già era, a suo modo, definitiva (della serie prendere o
lasciare). Era il periodo del lockdown , quindi la distanza e la non presenza sicuramente non hanno aiutato in tal senso. Con Bruno
invece abbiamo finalizzato il lavoro nel suo studio, probabilmente avendo anche le idee più chiare ed essendo maturati.
Comunque anche del lavoro con Howie B (del resto parliamo sempre di un produttore importante) fatto su “Parallel” siamo molto
soddisfatti, ha dato un suono e ha fatto anche un ottimo lavoro di mix, tra l’altro lavorando non nel suo studio, causa pandemia.

So che è difficile scegliere, ma se c’è una traccia, del disco nuovo a cui siete più affezionati? La mia “In The Woods” che credo, pur non essendo uno dei singoli, racchiuda al meglio tutte le vostre sfumature.
Cecilia: la mia cambia di continuo, ma dovendo scegliere, soprattutto per il messaggio che vuole dare è “Murderers Of A Dying God”
Max: io forse non ne ho una; aneddoto sul pezzo scelto da Cecilia. L’apporto di Bruno su questo brano è stato notevole, ha voluto
allungarlo, si è proprio esaltato facendo una somma di due distinte versioni, che gli avevamo presentato, trasformandolo da un ipotetico e possibile singolo da tre minuti ad una piccola opera rock. Per non lasciare nulla al caso, lui faceva ascolti con altri musicista. Nello studio adiacente c’era per esempio il bassista dei Cult, che si è sorbito tutto il nostro disco dalla a alla z (risate).

Influenze che vanno dalla new wave a qualcosa anche di più gotico fino ad un certo sound più vicino al trip hop e perché no, dream pop, ma se doveste scegliere, escludendo i nomi più altisonanti, quali potrebbero essere un un paio artisti di riferimento, che vi mettono d’accordo, che consigliereste ai nostri lettori?
Max: Circuit Des Yeux, che sono canadesi o anche i Tangerinecat, coppia gallese con lei di origini ucraine e artista meno di nicchia,
sicuramente più chiacchierata (tra l’altro passata nel nostro paese non molto tempo fa), direi Anna B. Savage.

Oltre al disco, mi è piaciuta molto anche la copertina (prerogativa vostra, che curate molto questo dettaglio), parte integrante di qualsiasi progetto discografico ma che con l’avvento del digitale, a mio avviso, ha assunto un ruolo più marginale meno preponderante che in passato, di chi è l’idea e come nasce?
L’idea non è nostra, ma è un dipinto di James Johnston, grande personaggio, lui è, soprattutto, un musicista pazzesco, fondatore dei Gallon Drunk, musicista di Nick Cave, e di tutti gli ultimi tour di PJ Harvey. Ci siamo conosciuti mentre registravamo il disco e, tra i suoi quadri, abbiamo individuato quello che meglio rappresentava il nostro disco “A Sparkle on the Dark Water“. Ce lo ha regalato, mandandoci i file ad alta risoluzione, e lo sta pure spammando, gli è piaciuta molto l’idea che un suo quadro fosse diventato una copertina.

Oltre alle date già pubblicate, con un giro di concerti orgogliosamente anche fuori dai nostri confini, cosa bolle in pentola per il pianeta Pinhdar? C’è già materiale nuovo su cui state lavorando? Possibili pubblicazioni di singoli svincolati da una tracklist?
Cecilia: lui (rivolto a Max) è li che freme (risate)
Max: Mi piacerebbe un singolo
Cecilia: secondo me non siamo molto da singolo, io preferisco il disco, rispettando un tempo fisiologico tra un lavoro e l’altro. Se devi fare il singolo per tenere alto Spotify, non è la nostra strada. Comunque ci dobbiamo ragionare un attimo, il disco è fresco di
pubblicazione.
Cecilia e Max: ora ci concentriamo sui concerti

Ultima domanda, che non c’entra nulla con la vostra attività, anche se collegata, ma tornerà forse un giorno quel piccolo gioiello che era “A Night Like This” Festival, di cui, per chi non sapesse, ne avete curato la programmazione? E di cui, personalmente, conservo un bellissimo ricordo.
L’ultima edizione risale a prima del covid, che ha sancito anche un ipotetico stop. Purtroppo non si può più fare a Chiaverano. Com’era stato pensato e congegnato per le otto edizioni, non si può più fare, però lasciamo la porta aperta.