I ritmi e i suoni di ogni latitudine trovano casa a Roma per rinascere in un magma sonoro originale che racchiude la sensualità del funk, l’esotismo delle sonorità mediorientali, l’impasto timbrico del Sud America, la ruvidità del rock e l’immediatezza del pop.
Dopo il prestigioso debutto sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo, nella serata dei duetti con Dargen D’Amico in un omaggio al Maestro Morricone, e dopo la pubblicazione dei primi singoli “Ama La Tierra” e “Safi Safi”, è appena uscito “Magma”, album di debutto della BabelNova Orchestra, prodotto da Pino Pecorelli e coprodotto da Emanuele Bultrini e Duilio Galioto per Maladisco e Ipe Ipe. L’album sarà presentato con un concerto speciale il 19 giugno a Roma in occasione della celebrazione della giornata mondiale del Rifugiato, organizzata da Refugees Welcome Italia con Testaccio Estate e la Città dell’Altra Economia.
Nuova formazione composta dagli ex musicisti dell’Orchestra di Piazza Vittorio, 12 elementi provenienti da ogni parte del mondo, la BabelNova Orchestra è testimone ed erede di una delle più affascinanti e pionieristiche storie della musica world in Italia degli ultimi 20 anni, e che oggi vive una nuova era.
I musicisti arrivati più di 20 anni fa, ormai completamente inseriti nel tessuto culturale italiano, si reinterpretano e rileggono questo diverso magma culturale in cui la musica è cambiata ma soprattutto è mutata la relazione fra le sonorità dei loro paesi d’origine e l’attuale scena italiana. Inoltre con l’inserimento in organico di alcuni musicisti più giovani, di seconda generazione, anche l’espressione musicale si è rinnovata con nuove influenze.
Con “Magma”, fin dal titolo, la BabelNova Orchestra vuole celebrare in dieci brani la molteplicità dei suoni dal mondo, le differenze e le influenze reciproche con una propria rilettura alla luce di questi cambiamenti. Cumbia, esplosioni mariachi, reminiscenze sufi, fiati jazz, chitarre rockeggianti, ritmi dub e pop creano un esaltante vortice generato dall’incontro fra lo scirocco e il meltemi, l’hurricane e lo zephiros. Una musica che vuole essere globale, contemporanea e controtendenza rispetto ai tentativi di oggi di ritornare a vecchi schemi culturali per approdare verso nuovi preoccupanti nazionalismi.
L’uso di lingue diverse (arabo, spagnolo, una lingua inventata) e i temi che emergono nell’album ne rispecchiano l’anima cosmopolita. I testi raccontano di rispetto per la Terra, amori lontani per donne e uomini dei Paesi che ci si è lasciati alle spalle, sentimenti non corrisposti, desiderio di pace e libertà ma anche ironia verso i poteri forti.
L’album si apre con “Ama la Tierra”, una scrittura corale in cui gli strumenti e le sonorità del sub Sahara si incontrano con l’afrobeat, i codici musicali della disco music degli anni ’70 e la lingua spagnola. Una canzone che riempie il dancefloor e allo stesso tempo non smette di ragionare sul nostro tempo: un invito a risvegliare le coscienze per immaginare un futuro più sostenibile. Il secondo brano “Safi Safi”, cantato in arabo, racconta di un amore non corrisposto in un vorticoso incedere di ritmi percussivi nordafricani e strumenti del Medio Oriente che si mischiano alle sonorità elettroniche di una drum machine Roland 808 e alla strumentazione della musica da ballo dell’Occidente. “Turuturu”, al contrario, è una dichiarazione d’amore attraverso un viaggio nel mondo dei songwriter afroamericani degli anni ’70, in chiave araba, da Bill Withers e Al Green. I ritmi diventano più giocosi in “Negra Candela”, divertissement in chiave tradizionale di musica popolare sudamericana, genere che è nel DNA di buona parte dei componenti dei BabelNova.
Un riadattamento di un brano del gruppo italo tunisino A.T.A (Acoustic Tarab Alchemy) è “Habbitek Men Soghri”, viaggio tra le sonorità caraibiche, dal reggae passando per la dub fino allo ska, ma che guarda anche a certe forme strumentali del cinema italiano degli anni ‘60 e ‘70. Il disco prosegue con “Tubarè”, brano che più rappresenta il mondo sonoro di “Magma”, tra intrecci ritmici funk, riff incessanti, lingue inventate, melodie che si alternano, suggestioni della vocalità araba ed echi di musica brasiliana. Un invito corale a buttarsi dietro le spalle il dolore e a guardare avanti, conservando intatto il ricordo di un amore dato e ricevuto. E ancora, “Obi Bi” è un incrocio tra melodie che hanno echi della musica del deserto subsahariano e il rock di matrice americana, in chiave araba. Una danza circolare e ipnotica, scandita da una ritmica costante e da uno sfondo elettronico. “Africa Romana” è un omaggio ai generi e agli stili della musica africana che strizza l’occhio al sound dei Weather Report. Ci si sposta su altri confini con “Linda Cholita”, dove il Sahara incontra le Ande: uno Huayno, genere popolare andino tipico delle popolazioni peruviane, accompagna una dichiarazione d’amore in un momento di festa e allegria. Chiude il disco “Un cantante Sufi”, surf music alla tunisina: se Chuck Berry fosse nato a Tunisi, il rock suonerebbe con darbuka, batteria e oud. Un brano che con ironia si prende gioco dei poteri forti, di uno stato di polizia che limita la libertà e i diritti delle persone.
La cover dell’album è firmata dall’illustratrice calabrese di base a Roma Lorena Spurio, già collaboratrice per The New York Times, The New Yorker, e varie case editrici tra cui Mondadori, DeAgostini, HarperCollins Italia. L’artwork, chiaro richiamo al titolo dell’album, vuole esprimere la fusione di diverse culture e sonorità attraverso la rappresentazione di un paesaggio vulcanico abitato da tante persone.
L’artista spiega:
Un caos che funziona e che rappresenta l’ energia esplosiva e vitalità dei BabelNova Orchestra.