credit: Eleonora Falso

Che i ragazzi avessero le carte in regola per fare bene, beh, era evidente, che però poi, alla “prova del 9” sarebbero riusciti a fare così bene, beh, non era affatto scontato. I swan•seas piazzano un esordio con i fiocchi e non potevamo farci scappare l’occasione di chiacchierare con loro su questo ottimo “Songs in the key of blue”…

Ciao, in primis complimenti per il disco. La prima domanda può sicuramente essere banale, ma mi piacerebbe davvero avere l’idea di come siete partiti. Conosco Corrado da un sacco di tempo e mi aveva sempre promesso che qualcosa sarebbe arrivato e beh..finalmente ci siamo, però la genesi del tutto mi interessa non poco.
Corrado: Innanzitutto grazie per le belle parole sul disco. Diciamo che dopo lo scioglimento della mia band precedente e una pausa dovuta a motivi personali, come mi è sempre capitato negli anni si è fortunatamente ripresentata in me l’esigenza di ripartire con un nuovo progetto. La gestazione è stata molto lunga. Ero partito intorno al 2016 con un’idea di base più scarna: voce, chitarre e l’uso di basi elettroniche; poi mi sono reso conto che, più che mai, avevo voglia e bisogno della “pacca” che solo una band al completo può darti. Da quell’anno in poi ci sono stati vari avvicendamenti in formazione, soprattutto per quanto riguarda la sezione ritmica. L’attuale line-up si è cristallizzata nell’estate 2021 con l’arrivo di Enrico [Buttafuoco, batteria] e da lì le cose hanno veramente preso il via, dato che abbiamo iniziato dopo pochi mesi a registrare, a fine 2022 abbiamo pubblicato i primi due brani da noi scritti (“R./Ingenting”) e a febbraio 2023 abbiamo debuttato live all’Arci Bellezza qui a Milano.

Sono contento che abbiate fatto le cose con calma: un paio di brani anticipatori nel 2022 e ora, a metà 2024, ecco l’esordio. Nessuna fretta a quanto sembra. Il 2023 è servito per la scrittura e per arrivare pronti al disco d’esordio?
Daniele: Abbiamo iniziato a registrare nel novembre 2021, nella nostra sala prove a Milano. Le sessions si sono concluse a giugno 2022, salvo qualche successivo ritocco qua e là. Come diceva prima Corrado, abbiamo deciso di mandare in avanscoperta “R./Ingenting” anche per provare, se vogliamo, l’effetto che ci avrebbero fatto, e così acquisire esperienza in vista del disco vero e proprio. Quindi in realtà il 2023 lo abbiamo passato tra i primi concerti e la scrittura di nuovi pezzi. In parallelo, abbiamo iniziato i “rough mix” del disco. Quando siamo arrivati al mixing vero e proprio (a cura di Francesco Lucà, membro di The Backlash e Novanta, presso il suo RBS Studio) avevamo già le idee decisamente chiare, addirittura forse troppo chiare.
Corrado: Esatto, abbiamo portato avanti vari aspetti in contemporanea, non ultima appunto la scrittura di nuovi brani che andranno a comporre il nostro secondo disco, al quale stiamo già attivamente pensando.

Il richiamo al blu, colore, nella vostra iconografia e nella cover, ma anche il ‘blue’ inteso come malinconico o triste…la parola “Blue” ha un peso decisamente importante per voi, sbaglio?
Corrado: Quando abbiamo concepito l’album abbiamo deciso di dare al tutto una coerenza anche estetica. E questo lo abbiamo applicato anche al doppio singolo di debutto “R./Ingenting”, dato che gli 11 brani registrati rappresentavano una fotografia della prima fase di vita della band. Da una conversazione con Andrea [Di Dedda, basso] è nata l’idea della grafica per tutto quello che avremmo pubblicato in questo primo periodo: la sovrapposizione di due immagini contrastanti, virate in tonalità di blu di Prussia,
omaggiando l’antica tecnica fotografica della cianotipia. Questa scelta, del resto, ben riflette anche il tono introspettivo dei testi e i temi in essi trattati. Peraltro, personalmente il titolo del disco a me faceva pensare a “Almost Blue” di Elvis Costello
Daniele: …fino a che non ho citato “Songs in The Key of Life” di Stevie Wonder. Alla fine, diciamo che si è trattato di una (involontaria) crasi tra i due titoli.

L’album ha un suono pieno, corposo, vengono in mente i Glasvegas in certi frangenti. Se ricordo i primi brani io direi che avevate ben presente quali sarebbero state le vostre coordinate sonore fin da subito, però ovviamente mi chiedo se ci sono stati dei modelli da seguire sia nel suono sia in questo splendido approccio che sa fondere epicità e malinconia…
Corrado: Abbiamo passato tantissimo tempo in sala prove a provare i brani del disco. Li abbiamo davvero metabolizzati e ci siamo presi tutto il tempo per trovare un sound che ci piacesse e rappresentasse. Non avevamo scadenze da rispettare né obiettivi imposti dall’esterno e questo ci ha permesso di lavorare con calma e attenzione. Quando abbiamo
iniziato le registrazioni direi che sì, avevamo ben presenti le nostre coordinate sonore, almeno per questo lavoro.
Daniele: Non direi che abbiamo seguito dei modelli in particolare, almeno non espressamente. Il sound è ovviamente incentrato sulle chitarre e le ispirazioni sono risalenti soprattutto agli anni ’90. C’è sicuramente l’indie-rock, ma non siamo emuli dei Pavement né abbiamo le asprezze dei Sonic Youth. C’è lo shoegaze, ma non ci definiremmo una band nu-gaze. Ci sono il dream-pop e (marginalmente) anche il britpop. A volte uno di questi tratti prevale in un certo brano, a volte si amalgamano tra loro nel
medesimo pezzo. Non ci siamo mai detti “in questo pezzo dobbiamo suonare come…“.
Nel disco si possono certamente sentire numerose influenze, e qualcuno ne ha già trovate anche di particolari, ma abbiamo provato a percorrere una strada – se non del tutto “originale” – almeno “personale” per quanto riguarda il sound complessivo dell’album.

Ma se ti dico che ogni volta che sento l’attacco di “fuzzy feeling” mi vengono in mente i Suede voi che rispondete?
Corrado: Devo essere onesto, non sei il primo. Il riff di chitarra era già presente nel demo che ho presentato al gruppo, ma Daniele lo ha perfezionato donandogli quel tocco più epico e glam che può far pensare ai Suede. Lo prendiamo ovviamente come un complimento.
Daniele: In realtà non l’ho neanche modificato più di tanto. Più che altro, ho aggiunto il secondo riff che va a intrecciarsi con il principale, credo nel complesso sia quello a dare un effetto “à la Suede“. In ogni caso, il 90% dei meriti per questo brano sono di Corrado. Se del caso, quindi, la causa legale se la beccherà lui!

“a line slowly tracing” è un brano che adoro, un vero e proprio sogno oscuro e forse la canzone che più di tutte mi sento di accostare realmente al dream-pop nel vostro album. Che ne pensate?
Corrado: Innegabilmente è il brano con la più chiara ed evidente impronta dream-pop. Per certi versi è stato il pezzo più “difficile” del disco. “Difficile” nel senso che abbiamo faticato a dargli una resa per noi soddisfacente, non tanto a livello di struttura, quanto piuttosto di arrangiamento.
Daniele: Bella gatta da pelare, fino all’ultimo. Ecco, forse si tratta dell’unico brano la cui quadratura del cerchio è arrivata in fase di mixing. Abbiamo aggiunto drum machine, synth e robette elettroniche qua e là, ma non è stato facile dare coesione. Perché sì, puoi
aggiungere tante cose, ma poi si tratta di legarle tra loro.
Corrado: Quindi ci fa particolarmente piacere che tu l’abbia apprezzata.

“clarity” o “ethan”, giusto per citare 2 brani vicini, mi confermano di come l’aspetto melodico resti, al di là di tutto, una componente fondamentale in questo progetto: c’è o ci sarai mai una ricetta per la perfetta guitar-pop-song che voi seguite o che muove i vostri passi?
Corrado: Senza dubbio la ricerca di una bella melodia, così come la scrittura di un pezzo che abbia un riff o un ritornello che possano rimanere in testa, ci viene da una vita passata ad ascoltare gruppi e artisti che hanno giocato con questa equazione. “clarity”, quando l’ho abbozzata, mi faceva pensare a certe ballate degli Yuck, band che ho amato molto.
Daniele: Certamente il gusto per certe melodie di impronta “guitar-pop” è stato il denominatore comune tra di noi nell’approcciare i pezzi di questo disco. Credo si senta anche in “ethan”, che tu hai citato come esempio. È un brano di breve durata (siamo
addirittura sotto i tre minuti, cosa che per noi è un vero e proprio record…), molto essenziale, musicalmente è il brano più “scanzonato” del disco ma lo stesso non si può dire del testo. Ciò detto, non abbiamo ovviamente la presunzione di aver inventato nulla, tantomeno abbiamo la ricetta per la perfetta “guitar-pop-song”. Magari!
Corrado: E comunque, se mai ci fosse una ricetta per la perfetta “guitar-pop-song”, l’avrebbero inventata (o quantomeno perfezionata) i signori Morrissey e Marr una quarantina circa di anni fa.

“2002” resta, a mio avviso, una delle canzoni più belle e magiche dell’album, con questo incedere etereo e sospeso che però poi trova sempre più ardore e potenza. E’ sempre stata così nei vostri pensieri iniziali?
Daniele: Il titolo del brano si riferisce all’anno in cui è stato scritto. All’epoca ero poco più che ventenne, non vivevo a Milano e suonavo in una band alternative-rock con cantato in italiano. L’ho proposta agli altri, è piaciuta e abbiamo deciso di lavorarci un po’ su.
Corrado: Il mio contributo è consistito essenzialmente nel trovare una linea vocale e aggiungere il testo. Era il 2019, da qui il riferimento ai 17 anni passati. In un certo senso le parole omaggiano la lunga storia e genesi del brano, e allo stesso tempo costituiscono una riflessione sul tempo che scorre.

“Such a drag”. Una chiusura perfetta. Ci fate arrivare a fine album con quella che è forse la vostra canzone più epica e suggestiva. Magari mi sbaglio ma credo proprio non abbiate avuto dubbi sul fatto che questa canzone così visionaria dovesse rappresentare i titoli di coda del disco…
Corrado: Anche in questo caso non si è trattato di una scelta pianificata. Non l’abbiamo scritta con una precisa intenzione, né per collocarla in una certa posizione in un’ipotetica “scaletta”. Tuttavia, riascoltando tutti i brani che avrebbero composto il disco, ci siamo resi conto che “such a drag” sarebbe stata adatta come ultimo brano dell’album. A riprova di ciò, è anche il pezzo con cui chiudiamo i nostri concerti.

C’è qualcosa nella realizzazione/registrazione del disco che vi ha sorpreso? Qualcosa che, magari, non era prevista ma poi ha trovato il suo spazio o la sua ragion d’essere?
Corrado: Personalmente penso che la cosa che mi ha sorpreso di più sia stata sentire il risultato ottenuto con “a line slowly tracing”, che nella mia testa era nata come una ballata in crescendo, di impronta Slowdive, ma che grazie all’arrangiamento finale ha raggiunto sonorità molto meno canoniche, soprattutto per l’inserimento di drum machine e synth vari.
Daniele: Forse l’introduzione di elementi elettronici in un contesto prettamente chitarristico. Abbiamo cercato di farne un uso misurato, funzionale all’atmosfera finale che volevamo conferire a certi brani piuttosto che ad altri. Può essere una fonte di ispirazione per il futuro, per i nuovi pezzi su cui stiamo lavorando.

Grazie ancora ragazzi per la vostra disponibilità. Chiudo con un piccolo sguardo al futuro. Ora che cosa dobbiamo aspettarci per il 2024? A noi farebbe molto piacere vedervi suonare un po’ in giro…
Corrado: Grazie a te per l’opportunità e le parole di apprezzamento. La pubblicazione del disco d’esordio è e sarà per noi l’evento principale di quest’anno 2024, anche perché uscirà non solo sulle piattaforme di streaming, ma anche su supporto fisico. In particolare, ci saranno due edizioni in CD (una edita dalla nostrana Waddafuzz! Records, l’altra in tiratura super limitata a cura di Shore Dive Records, etichetta inglese con sede a Brighton) e un’edizione limitata in vinile. Sicuramente porteremo il disco in giro dal vivo, specie dopo l’estate, il desiderio è di chiudere anche qualche data all’estero. In ogni caso abbiamo già un programma un “release party” il 20 giugno prossimo al Rock’n’Roll di Milano, in occasione del quale suoneremo il disco per intero.