Quando vai a un festival figo come il Primavera, sai che dovrai fare delle scelte, a volte dolorose (le Bikini Kill o gli American Football?) a volte necessarie (i Pulp e quella benedizione chiamata Jarvis avrebbero potuto suonare in contemporanea con chiunque) e poi ci sono delle scelte che puoi fare a cuor leggero, “sacrificando” gli Slow Pulp, che sai li potrai recuperare sotto casa, e allora stasera si va al Bellezza, che sul palco ci sarà la bionda Emily Massey e gli altri componenti di questo gruppo ad accarezzarci le orecchie e il cuore.
Il concerto parte con la bellissima “Idaho” a cui segue “At it gain”, e son due canzoni che capisci servono per prendere le misure, del resto è la loro prima volta davanti a pubblico italiano.
Dalla terza canzone, che è “Cramps”, il concerto svolta, inizia un crescendo che non si fermerà, c’è un bel feeling, un bel coinvolgimento, e devo dire ho trovato un pubblico molto attento e molto rispettoso, che ha ascoltato in silenzio, cantando i pezzi più famosi (come la strepitosa “falling apart”) e facendo percepire tutto il loro affetto alla band.
Siamo tra il dream pop e il vero indie rock, dal vivo questi ragazzi sono una potenza e lasciano indietro le atmosfere un po’ rarefatte che invece pervadono i loro dischi.
La voce di Emily è calda ed avvolgente, ma purtroppo non è l’unica cosa ad essere calda stasera. Chiariamoci, io al Bellezza voglio bene, è un circolo che frequento assiduamente, dove ho visto cose molto interessanti, si raggiunge facilmente da ogni parte di Milano, ma tre pale sul soffitto servono solo a muovere un’aria caldissima e umidissima, che sembra di stare in Giappone in agosto.
Anche Emily lo nota, prima con un “Fa molto caldo qui, suderò, ma va bene, mi piace sudare” e poi con un “mi servirà una doccia dopo questo show”.
Non possiamo farci niente (solo ricordarsi in futuro di venire qui vestiti leggeri e magari con un ventaglio) e allora – nonostante il caldo – ci lasciamo trasportare dalla sua voce e dalle melodie di “Broadview”, eseguita perfettamente.
Il concerto sta per finire, lo sappiamo, e dopo “Mud” arrivano gli encore (“Yard” e “At home”) a chiudere un set pressoché perfetto.
Usciamo, accaldati e felici, e mi viene da pensare che probabilmente la loro dimensione perfetta, sia per le sonorità che per lo stile, è quella dei club, di ambienti raccolti e intimi, e a questi quattro ragazzi che dal Winsconsin sono arrivati a Milano passando da Barcellona non posso che augurare di farci stare ancora e ancora nel mood che han creato stasera.