Gli Houses Of Heaven, con il loro secondo album intitolato “Within/Without”, ci guidano lungo un percorso buio dove il synth pop più oscuro e ammaliante si fonde con l’energia cruda di post-punk, industrial, EBM, techno e drum & bass. Questo disco è un tuffo nei ricordi di un’epoca in cui il rock elettronico era ancora una terra selvaggia da esplorare; l’eco di quei tempi è presente in ogni singola nota. Il gruppo californiano si limita a rimestare nella nostalgia per dar forma a un’opera che, nel complesso, non ha nulla di “nuovo” ma sa farsi apprezzare.
Keven Tecon, voce e anima della band, ci conduce in un labirinto di suoni che, pur richiamando in maniera lapalissiana i pionieri del post-punk/synth pop più dark e gotico degli anni ’80, bene o male riesce sempre a mantenere una propria identità. Nessuna intenzione di limitarsi a ripetere quanto fatto dai grandi del passato; piuttosto c’è una celebrazione, dal gusto moderno e sobrio, della potenza espressiva che nasce dalla classica unione di sintetizzatori e drum machine.
“Within/Without” è un album che non ha bisogno di innovare per convincere. La sua forza risiede nella capacità di essere orecchiabile nonostante la totale assenza di punti di contatto col mainstream; di essere estremamente rock senza una chitarra in vista; nelle atmosfere dense e avvolgenti che trasformano ogni traccia in un potenziale inno per le piste da ballo di un ipotetico club immerso in un crepuscolo sintetico.
Per chi ha nel cuore band come Skinny Puppy, Front 242, Ministry prima maniera e Nitzer Ebb (occhio al duetto con Douglas McCarthy in “The End Of Me”), quest’album è un must. E per chi si avvicina per la prima volta a suoni di questo tipo, “Within/Without” potrebbe essere la porta d’accesso a un mondo suggestivo dove il passato e il presente si fondono alla perfezione – o, se preferite, dove la musica più algida e “ballabile” non è solo suonata, ma vissuta sulla propria pelle. Un disco che, pur senza strafare, sa come arrivare dritto al punto.